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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2013 alle ore 11:09.

Quel che resta dei campioni europei
Quella di Nokia però è una storia a sè. Negli ultimi cinque anni i giganti europei dell'elettronica di consumo hanno tutti dovuto fare i conti con la concorrenza coreana (Samsung e Lg), cinese (Hisense e Tpv) e californiana (Google e Nokia). Le ragioni della crisi di marchi come ad esempio Grundig, Telefunken - senza scomodare la nostra Olivetti - non si spiega semplicemente con il vantaggio asiatico nella produzione di grandi volumi in un mercato costretto a bassi margini. L'Europa ha faticato a capire internet, non ha intuito per tempo l'importanza che avrebbero assunto nell'elettronica software e sistemi operativi. Un errore che è costato caro anche a Sony e agli altri campioni giapponesi. Ma in Europa le scelte sono stati diverse dai nipponici.
Dalle lampadine alla medicina fai-da-te, il caso Philips
Philips l'altro gigante europeo di tecnologia consumer si è mosso per tempo. Due anni fa ha cambiato tutto. Ha smesso di accanirsi sull'elettronica dei grandi volumi e bassi margini per concentrarsi sui led, sui sistemi di illuminazione avanzata ma soprattutto sull'healthcare. Da qui la scelta di accettare la joint venture con i cinesi di Tpv per i televisori. Un settore divenuto talmente competitivo da indurre Philips ad allearsi con un gigante della manifattura per competere con Samsung e Lg.
Loewe dalla California alla Cina.
Più recente la scelta "cinese" di Loewe, l'ultimo grande produttore di televisori e prodotti di elettronica di consumo tedesco. Ad agosto dopo aver richiesto al tribunale di Coburgo la procedura di "protezione dei creditori" (un provvedimento di garanzia per i creditori) ha annunciato una partnership strategica con il gigante Hisense (da otto anni il maggior venditore di televisori cinesi Lcd). L'obiettivo della «partnership strategica è quello promuovere sinergie nell'acquisto, produzione, sviluppo e vendita dei televisori». In particolare per Loewe l'accordo consentirà di entrare nel mercato delle tv entry level, quelle a basso costo dove la casa tedesca era assente. Loewe infatti assembla e produce i propri televisori in Germania ed è stato proprio questo uno dei principali problemi al momento, a causa degli elevati costi di mandopera. La strategia finora era stata quella di puntare sui televisori di fascia altissima completamente personalizzabili. Strategia che però non ha risollevato i conti in calo dal 2008 anche per la forte dipendenza dalla bassa domanda europea. E dire che un anno fa rumors di una possibile acquisizione da parte di Apple avevano fatto schizzare alle stelle le quotazioni del titolo. Dodici mesi dopo al posto dei californiani si sono fatti vivi i cinesi. Così è la vita.
L'anomalia Ubisoft
In questo scenario una anomalia tutta europea, anzi francese, è rappresentata da Ubisoft, un colosso del videogame che ha saputo farsi largo e dettare legge anche in un mercato relativamente nuovo (40anni) ma da sempre guidato da Usa e Giappone. La multinazionale con sede a Montreuil dal 2004 è la terza maggiore azienda di distribuzione di videogiochi in Europa e la settima negli Stati Uniti. Non producono console o hardware. Ma videogame e quindi software. Lo fanno con creatività e intelligenza. E forse proprio nella programmazione indicano all'Europa una strada da seguire per battere il resto del mondo.
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