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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2014 alle ore 12:03.
L'ultima modifica è del 25 giugno 2014 alle ore 12:19.

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«Ad Atlanta, per esempio, c'é The Atlanta Tech Village, una comunità di persone con velleità tecnologiche che si incontra ogni venerdi per condividere e scambiarsi idee, offrire consigli». Spesso queste piattaforme sono buoni punti di partenza per conoscere avvocati, o per espandere il proprio network per futuri investimenti. Solimentane i membri di tali comunità, cioé quelli più benestanti e interessati, sono coloro, insieme alla famiglia e ad alcuni amici, che partecipano alla prima fase di investimento, chiamata "Seeds round".

I soldi raccolti in questa fase servono per consolidare il team, per pagare le prime spese di formazione della start up e dello sviluppo del progetto. Paul Graham, nel suo blog, ha scritto che il mantra di ogni start upper in questa precisa fase deve essere "spend little, work fast" (spendere poco e lavorare veloce). Di solito circa 2mila dollari vanno investiti in avvocati, nella registrazione dell'azienda e altre spese. «Noi - continua - siamo stati fortunati perché grazie alla comunità abbiamo conosciuto avvocati che ci hanno aiutato senza chiedere nulla in cambio». In questo round si possono raccogliere circa 500mila dollari, dipende dal tipo di investitore.

«Emory University - racconta ancora Hobbins- si é innamorata del progetto e ha investito 500mila dollari. Ciò ci ha permesso di migliorare il prodotto, mostrarlo ad altre università e finalmente di trovare un ufficio in città, dove stabilire la sede dell'azienda che fino ad ora è stata a casa nostra». Superato questo step gli obiettivi diventano più importanti, c'è una maggiore necessità di crescita e di espansione del capitale.

Da qui, infatti, si passa a un'altra fase, chiamata "Angel round". Le cifre che si riescono ad ottenere in questa circostanza variano e possono essere da 1 milione a 2 milioni di dollari, dipende dall'idea, dal numero di utenti che si é risuciti a raggungere, dalla tecnologia che si propone e dal mercato in cui ci si inserisce. Gli angels, possono essere singoli investitori, o società. Ed é in questa fase, di solito, che si cominciano a far entrare estranei nel board dell'azienda.

«Il nostro obiettivo - conclude Giovanni Hobbins - ora é vendere l'idea a 5 università con cui abbiamo contatti e che hanno già espresso il loro interesse. Siamo stati contattati anche da Roma». Se, ciò che i ragazzi si sono prefissati per l'estate, la vendita cioé del progetto alle varie univesità, il passo successivo sarà quello di organizzarsi per affrontare l'ultimo round che poi li porterà a diventare un'azienda vera e propria: permetterà loro di assumere persone e di ritagliarsi una fetta di mercato.

Tale fase infatti, chiamata "VC round", è la più ambita ma allo stesso punto temuta perché qui di solito i founders dovranno cedere quasi 1/3 dell'azienda a venture capitalist, che ovviamente imporranno le loro idee per permettere alla start up di pensare, un giorno, all'Ipo.

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