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Questo articolo è stato pubblicato il 23 marzo 2011 alle ore 09:36.
L'ultima modifica è del 23 marzo 2011 alle ore 09:37.
«Riforme e apertura» è il mantra cinese da oltre trent'anni. Il risultato è stato l'affermazione di una nuova superpotenza economica e di una superpotenza economica integrata nel sistema mondiale. La Cina deve trovare il modo di usare la sua influenza, e dovrà farlo partendo da una definizione degli interessi e degli obiettivi nazionali. La sua priorità è poter contare su un contesto politico ed economico globale di stabilità, pace e cooperazione. Solo in un mondo del genere la Cina può sperare di continuare sulla strada di un rapido sviluppo.
Come raggiungere l'obiettivo? La via migliore è favorire il rafforzamento di un sistema globale basato sulle istituzioni e governato dalle regole. L'alternativa più ovvia sarebbe un assetto gerarchico, con la Cina al vertice. Ma questo approccio condurrebbe, temo, a conflitti con le altre potenze.
Essendo la potenza commerciale emergente, la Cina è il successore naturale degli Usa nel ruolo di guardiano del sistema di libero scambio. È importante che Pechino rispetti regole e principi del sistema e s'impegni per svilupparlo ulteriormente. La Cina dovrebbe darsi da fare per concludere la tornata negoziale di Doha.
Pechino ha sempre più interesse a proteggere la sua proprietà intellettuale e a garantire il rispetto delle regole. La Cina ha interesse a proteggere gli investimenti esteri diretti, sempre più ingenti, e a promuovere regole che proteggano questi investimenti. Essendo uno dei protagonisti degli scambi globali, la Cina ha interesse a fare in modo che gli accordi di scambio regionali che crea siano compatibili con le regole globali.
Per quanto riguarda la bilancia dei pagamenti, il problema sono le difficoltà create, per la Cina e i partner commerciali, dalle sue eccedenze, della bilancia commerciale e della bilancia delle partite correnti. Per fortuna la Cina stessa riconosce che i risultati di questa politica si sono rivelati destabilizzanti sul fronte interno. Chen Demin, il ministro del Commercio, ha dichiarato che l'obiettivo è «stabilizzare le esportazioni, espandere le importazioni e ridurre il surplus».
La Cina è consapevole che l'accumulo di enormi quantità di titoli di Stato esteri "sicuri" va accompagnata da un'offerta corrispondente. Ma al momento la domanda di questi titoli è soddisfatta con destabilizzanti disavanzi, di bilancio e nel saldo con l'estero, da parte degli Usa. La Cina potrebbe aiutare se stessa accelerando la liberalizzazione dei deflussi di capitale e rendendo più flessibile il tasso di cambio.
Pechino deve elaborare una strategia per riformare il sistema monetario globale che sia compatibile con i suoi interessi a gestire l'interfaccia tra sviluppo interno e stabilità globale. Una mossa auspicabile sarebbe muoversi verso un coordinamento della gestione del tasso di cambio con altre economie emergenti orientate all'export.
Nella finanza gli obiettivi cinesi devono essere: creare un sistema interno che supporti lo sviluppo economico; promuovere un sistema globale che garantisca stabilità dell'economia mondiale; proteggere la prima cosa dagli eccessi della seconda. Per conseguire questo incastro, le politiche cinesi dovrebbero essere improntate alla consapevolezza che sul lungo periodo il sistema cinese rappresenterà il perno della finanza globale. Ma la transizione alla piena integrazione sarà lunga, complessa e gravida di difficoltà, e presenterà rischi la piena integrazione del settore bancario.
Quanto all'accesso alle risorse, per la prima volta, la Cina dipende dall'importazione di materie prime industriali. Le misure in questo campo rappresentano la principale priorità per la Cina. Il suo immediato interesse è avere accesso alle risorse mondiali a condizioni favorevoli, e dunque il governo ha deciso, abbastanza sensatamente, di usare i suoi capitali e la sua manodopera a buon mercato per conseguire tale scopo. È qualcosa che è nell'interesse non soltanto della Cina, ma anche di altri consumatori. Poiché le risorse naturali hanno prezzi globali, qualunque incremento dell'offerta va a beneficio di tutti i consumatori.
Sarebbe comunque utile se si riuscisse a raggiungere un consenso sulle condizioni d'investimento e scambio per le risorse naturali. Un obiettivo dovrebbe essere quello di garantire che i paesi esportatori di materie prime, in particolare i paesi poveri, con limitate capacità amministrative, possano beneficiare d'investimenti esteri ed esportazione di risorse naturali. La Cina avrà un ruolo centrale per il conseguimento di questi accordi. Il mondo deve innanzitutto mettersi d'accordo sul fatto che il principio di fondo deve rimanere quello del libero scambio in mercati mondiali aperti. I prezzi devono essere stabiliti dalla concorrenza globale, con la possibilità, naturalmente, di contratti a lungo termine.
Man mano che la Cina cresce, il suo impatto sull'economia mondiale si espande in misura esponenziale. La Cina deve conciliare gli imperativi del suo rapido sviluppo con l'esigenza di tenere debitamente conto del proprio impatto sul resto del mondo. Il governo di Pechino dovrà elaborare le sue priorità in modo da garantire il conseguimento degli obiettivi collegati di rapido sviluppo in patria e stabilità all'estero. Non sarà facile. La Cina non ha alternative.
© FINANCIAL TIMES
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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