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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2011 alle ore 08:06.
L'ultima modifica è del 16 novembre 2011 alle ore 07:33.

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Alberto Micalizzi (Imagoeconomica)Alberto Micalizzi (Imagoeconomica)

L'obbligazionista, e cioè la società venditrice dei bond, si chiama Pacific Global Oil (Pgo) ed è di Canberra, in Australia. Pur avendo appena qualche mese di vita, solo un capitale sociale di mille dollari e nessuna attività che abbia lasciato traccia, ha chiesto a Spargo di emettere obbligazioni per 10 miliardi di dollari. Se quella cifra strabiliante non bastasse a far scattare il campanello di allarme, ce ne è un'altra ancora più improbabile. La si può trovare in rete.

A mettercela è stato lo stesso comproprietario di Pgo, un russo di nome Vladimir Kobzar che sostiene di essere «gestore di 27mila miliardi di dollari in oro russo custodito a Fort Knox». Basta poi un'ulteriore ricerca per appurare che da due decenni Kobzar è citato sui giornali o nei rapporti di polizia per frodi di ogni genere in ogni paese del mondo, dalla Russia alla Bolivia.
La puzza di bruciato a questo punto è già fortissima, ma a renderla insopportabile sono i beni a garanzia dell'emissione obbligazionaria. Ad attestarne l'esistenza è un atto di cessione a Pgo di contratti future di fornitura di carburante diesel per un valore totale di 10 miliardi di dollari da parte della TechnoKom Oil, una compagnia petrolifera di cui non si riesce a trovar traccia, con sede in una sub-repubblica russa quasi altrettanto irrintracciabile, il Bashkortostan. A cedere quei contratti future alla Pgo è l'International Charitable Christian Fund, o Fondo Internazionale per la Carità Cristiana, un'organizzazione che si presenta con questo motto: «Siamo responsabili di tutto quello che succede al mondo».

Nel caso nome e motto non bastassero ancora a rendere l'operazione del tutto inverosimile, forse aiuta il nome del suo presidente e fondatore: Vladimir Kobzar, il truffatore russo comproprietario di Pgo. E così il cerchio si chiude.
Il Sole 24 Ore ha scoperto che nel luglio 2008, quasi quattro mesi prima che Micalizzi li comprasse, quei bond erano già stati offerti in Europa e in Italia. A provare a piazzarli era stato tale Daniele Palla, un romano allora trentacinquenne che si presentava come presidente del World Source Group, entità fondata da un pakistano e da lui «completamente riorganizzata in una struttura centralizzata con quartier generale a Milano». Il problema è che nella banca dati delle Camere di commercio italiane non risulta essere mai stata registrata alcuna società con quel nome. E all'indirizzo fornito da Palla non si è trova traccia di lui o della sua società. «Palla non fornì mai la documentazione richiesta per valutare quei bond.

Disse che la sua banca li aveva già accettati e quindi non dovevamo scocciarlo con tutte quelle domande. Mi risultò immediatamente chiaro che era un bidone e consigliai il mio cliente di starne lontano», rivela al Sole 24 Ore un avvocato milanese che chiede l'anonimato, proprio e del cliente, ma ha mostrato prove documentali dell'offerta di Palla.

Aggiornamenti del 13 marzo 2018 e del 13 luglio 2022, qui riepilogati l’8 settembre 2023:
1) Il procedimento penale per truffa aggravata, nei confronti di Alberto Micalizzi, avente ad oggetto la gestione dei fondi inglesi Dynamic Decisions, già pendente davanti alla Procura di Milano, che ne aveva chiesto il rinvio a giudizio, si è definito con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, pronunciata in data 7 novembre 2017 dal Gup, Dott. Fanales.
2) In data 21 aprile 2022 la Corte di Cassazione ha prosciolto definitivamente il dott. Alberto Micalizzi anche dall’accusa residua di associazione per delinquere.

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