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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2012 alle ore 08:06.
L'ultima modifica è del 05 luglio 2012 alle ore 08:46.

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«Higgs search update 4.07.12» recitava, con notevole understatement, il titolo della conferenza che si è tenuta ieri al Cern e che ha segnato un momento storico per l'istituzione ginevrina e per la fisica delle particelle. Dietro si nascondeva un segreto di Pulcinella: difficile frenare l'entusiasmo delle migliaia di fisici che hanno contribuito agli esperimenti Cms e Atlas quando, tre settimane fa, è apparso chiaro che dopo decenni il bosone di Higgs era stato trovato.

Aveva infatti già fatto il giro del mondo, ieri, la notizia dell'individuazione della traccia sperimentale di questa particella prevista a tavolino per spiegare perché le particelle acquisiscono una massa e come l'energia e la massa siano fra loro correlate. Ma ciò non ha impedito a Peter Higgs, 83 anni, seduto nell'auditorium gremito di ricercatori, di commuoversi nell'ascoltare le conclusioni di Fabiola Gianotti, la fisica italiana portavoce di Atlas, che ha entusiasmato la platea con semplicità e carisma.

«Ci sono chiari segnali dell'esistenza di una nuova particella con una massa di circa 126 Gev, la significatività statistica è di 5 deviazioni standard (cioè la possibilità di sbagliare è una su tre milioni, ndr)», ha affermato Gianotti. «Non credevo che l'avrei vista prima di morire», ha commentato Higgs, che nel '64 la ipotizzò in contemporanea a Robert Brout, Francois Englert e altri.

«La particella individuata potrebbe essere il bosone di Higgs previsto dal Modello standard - ha chiarito Gianotti - ma anche un altro bosone di Higgs, compatibile con un'altra teoria, per esempio quella della supersimmetria che, a differenza del Modello standard, spiega anche gravità e materia oscura. Ci vorranno 3-4 anni per capire meglio le proprietà di questa particella».

Certo è che si tratta della prima particella scalare mai trovata (cioè con spin intrinseco zero) e che così «siamo penetrati nella fabbrica dell'universo a un livello dove non eravamo mai arrivati prima» ha commentato Joe Incandela, portavoce di CMS, osservando che si apre una nuova era di esplorazioni su scala fondamentale. Il bosone di Higgs sarebbe apparso nei primissimi istanti dopo il Big Bang quando, trascorso un decimo di miliardesimo di secondo, l'universo si era raffreddato. Allora avrebbe avuto luogo una delle trasformazioni più drammatiche di tutta la sua storia: con la comparsa del bosone di Higgs e del suo campo diffuso ovunque, cambiò la simmetria del mondo. Nacquero le particelle con la loro massa.

"La ricerca è come il sesso, non si può negare che abbia delle implicazioni importanti, ma non è questo il motivo per cui la facciamo", scherzava Richard Feynman. A chi pensa che questi studi, costati 9 miliardi di euro (se si considera la costruzione dell'accelleratore Lhc, Large hadron collider, e i 4 esperimenti che lo compongono, Atlas, CMS, Alice e LHCb), siano belli ma non servano a niente, il direttore della ricerca del Cern, Sergio Bertolucci, risponde che quando Dirac ha ipotizzato l'esistenza dell'antimateria, non pensava certo che oggi l'avremmo utilizzata per diagnosticare i tumori (la Pet usa i positroni, antimateria degli elettroni). Del resto, i ritorni industriali degli esperimenti ginevrini non sono da poco. « L'Italia, pur essendo solo il quarto contribuente del Cern, ne è il terzo fornitore - ha spiegato Sandro Centro - industrial liaison officer del Cern. Per costruire l'Lhc le nostre imprese si sono aggiudicate commesse per 350 milioni di euro».

In media l'Italia finanzia il Cern con 70 milioni di euro l'anno (divenuti 120 dopo che nel 2009 il franco svizzero si è inpennato), e i ritorni industriali sotto forma di commesse sono in media di 45 milioni l'anno, con picchi di 90 milioni nel 2004-2005 quando l'Lhc era nel pieno della costruzione. ASG (ex Ansaldo Superconduttori), per esempio, costruì 446 magneti superconduttori da 250mila euro ciascuno. «Grazie alle conoscenze sviluppate lavorando con i ricercatori del Cern - spiega l'amministratore delegato Enzo Giori - ci siamo ora aggiudicati la commessa per sviluppare le bobine superconduttrici del reattore a fusione nucleare Iter, bobine toroidali che devono contenere il plasma.

Per produrle stiamo completando un nuovo stabilimento a La Spezia (ex San Giorgio) e assumeremo 30-40 persone. Abbiamo poi dato vita a due spin off: uno produce risonanze magnetiche aperte che permettono di fare esami muscolo-scheletrici sotto carico, ovvero col paziente in piedi, e un altro che produce un cavo supercoduttore ad alta temperatura, siamo solo in due al mondo a farlo». Se non avesse vinto la commessa del Cern, Ansaldo sarebbe stata acquistata dai coreani, ha commentato Fernando Ferroni, presidente dell'Infn, l'Istituto italiano di fisica nucleare che rappresenta l'Italia al Cern.

Grazie all'esperienza maturata al Cern, anche la piemontese Simic, che fornì i contenitori esterni dei dipoli, ora lavora per Iter. «È stata un'impresa cilcopica sia per i ricercatori che per noi - racconta Marcello Givoletti, presidente della Caen di Viareggio - dovevamo realizzare un'elettronica capace di lavorare sotto altissimi campi magnetici e sotto il bombardamento delle particelle. Dal punto di vista economico non ci abbiamo guadagnato molto, i finaziamenti scarseggiavano, ma dal punto di vista dell'immagine moltissimo, siamo ora considerati il numero uno al mondo, e abbiamo anche applicato queste tecnologie in altri campi, come la homeland security: stiamo lanciando un sistema per identificare a distanza materiali pericolosi in contenitori chiusi, come i bagagli o i container». Saes Getter ha esportato i suoi sistemi per creare il vuoto spinto in svariati acceleratori in giro per il mondo, mentre Renco, che ha prodotto tutti i tubi all'interno della galleria di 27 km dell'Lhc non ha registrato particolari benefici.

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