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Questo articolo è stato pubblicato il 17 ottobre 2012 alle ore 08:14.

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I lavoratori americani vivono tempi duri: i disoccupati sono milioni e un gran numero di persone è sottoccupato. La mancanza d'impiego colpisce in particolar modo la classe media, ma le cause non sono tutte riconducibili alla crisi finanziaria e alla recessione che ne è conseguita. L'emergenza del lavoro negli Stati Uniti dura ormai da diversi anni ed è iniziata ben prima dello scoppio della bolla immobiliare.

A ben vedere, dal suo insediamento, sono ben tre le crisi occupazionali che il presidente Barack Obama si è trovato a fronteggiare.
La prima crisi, ovviamente, è stata quella legata all'acuta recessione economica: nel gennaio 2009, quando Obama è arrivato alla Casa Bianca, l'America perdeva già 800mila posti di lavoro ogni mese. Eppure, se guardiamo ai dieci anni precedenti notiamo anche un secondo problema: già in quel decennio l'economia statunitense era diventata incapace di creare lavoro e di soddisfare la domanda occupazionale della classe media. Ancor prima della recessione, insomma, si perdevano posti di lavoro a un ritmo allarmante, in particolare nell'industria. La crisi economica ha solo aggravato il problema, ma non bisogna dimenticare – ed è questa la terza questione in campo – che il mercato del lavoro americano ha sperimentato anche una crescente polarizzazione: il numero di persone collocate agli estremi – superiore e inferiore – della scala socioeconomica è andato aumentando costantemente a danno della media borghesia, che man mano si è ridotta.

È un fenomeno che possiamo definire deficit occupazionale della classe media e che trae origine da un duplice difetto, ciclico e strutturale, nel meccanismo di creazione del lavoro. L'America, insomma, da un lato dovrebbe creare maggiore impiego per la classe media, eppure, dall'altro, stenta a farlo per una serie di ragioni, tra cui i cambiamenti tecnologici e gli effetti della globalizzazione economica.
Sulla tecnologia abbiamo assistito, negli ultimi anni, a notevoli sviluppi in vari campi, specialmente nelle telecomunicazioni. Al contempo, però, come mostrano le ricerche (interessante in particolare quella di David Auter del Massachusetts Institute of Technology), dai primi anni Duemila la Cina ha preso a competere strenuamente con molte imprese americane: il suo successo si può toccare con mano in varie contee degli Stati Uniti, dove la concorrenza asiatica ha fatto finire fuori mercato le imprese locali.
Tuttavia, se questo è il quadro dal lato della domanda di lavoro, anche dal lato dell'offerta l'America non è riuscita a tenere il passo, soprattutto in termini di formazione e di competenze dei propri lavoratori. La spettacolare performance del Paese nel secondo dopoguerra fu dovuta in misura non trascurabile all'indiscusso primato educativo che vedeva gli Stati Uniti al primo posto per numero di diplomati e di laureati.

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