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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2013 alle ore 09:00.
INTERVISTATORE - E prendevi appunti?
CHABON - Di solito no.
INTERVISTATORE - Memoria. E non fai esercizi per la memoria? È un tuo dono e basta?
CHABON - Direi. Ne vorrei di più. E migliorerebbe, la mia memoria, se prendessi appunti, ma non è una mia abitudine. Sapevo che all'uscita del libro ci sarebbero state molte persone ancora vive che ricordavano direttamente quell'epoca e avrebbero potuto dire «Non ci hai preso». Sapevo quindi di dover essere abbastanza bravo da illudere chi c'era stato che il mio libro fosse vero. È facile illudere uno nato nell'82. Per chi è nato nel '22 o nel '32, e se lo ricordava, dovevo azzeccare i particolari. Ma quel che conta è sviluppare un senso di quanto poco ci vuole per riuscirci. E a volte cerchi di trovare un equilibrio. Se voglio un nome di un membro del gabinetto di Franklin Roosevelt (4), negli anni Quaranta, per qualcuno sarà un nome molto familiare... «Harold L. Ickes, certo che mi ricordo di Harold Ickes, segretario agli Interni». E poi ci saranno quelli che hanno studiato la storia americana, e a loro quel nome dirà qualcosa, ma avrai tanta gente che non ne ha idea, allora per loro dovrai dire chi era, e però non vuoi insultare chi lo conosce. È una cosa delicata, e alla fine devi andare a istinto. E speri che il tuo editor capisca cosa va spiegato, e sappia dirti: «Basta così, non ti serve un altro paragrafo di spiegazione», oppure: «Qui vorrei saperne di più…». Un editor di cui puoi fidarti, è a questo che servono gli editor.
INTERVISTATORE - Chi altro ti legge?
CHABON - Mia moglie. E un paio di amici. E qualche esperto. Per Kavalier e Clay parlai con un po' di gente nata a Brooklyn, compreso mio padre. E uno zio di mia moglie. Un mio caro amico, più grande di me, cresciuto a Brooklyn: anche a lui lo feci leggere. E poi persone nel mondo dei fumetti.
INTERVISTATORE - Tra la gente che hai ringraziato alla fine del libro c'è anche Will Eisner. Lui lo lesse?
CHABON - No. Solo dopo la pubblicazione. Non lo conoscevo abbastanza bene da chiedergli un favore così grosso. Lo avevo intervistato all'inizio della scrittura del libro, per avere i suoi ricordi. Mi aiutò molto, mi diede più di chiunque altro fra gli artisti e gli scrittori. All'epoca non avevo contatti nel mondo dei comics. Arrivai a lui tramite un amico di un amico di un amico che lo conosceva. E lo stesso con Stan Lee della Marvel (5). Gil Kane. Grandi persone, grandi storyteller. Con Kane ho parlato tre ore. Ero interessato soprattutto agli anni della sua gioventù. Dove comprava i vestiti, che marca di sigarette fumava. Oppure: quando erano negli uffici di Quality Comics, nel 1942, ascoltavano la radio? Poi Stan Lee: gli chiesi soprattutto com'erano gli appuntamenti con le ragazze, dove le portavi. Le sue memorie sui fumetti sono tutte pubblicate. Eisner era stato un editore oltre che un artista negli anni Quaranta. Lui mi parlò di com'era il business dei fumetti in quel periodo. Eisner fu fondamentale. Ma non mi lesse all'epoca.
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