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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2013 alle ore 09:00.

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INTERVISTATORE - Quindi quando trovasti quel libro sul postmoderno…
CHABON - Esatto, pensai che avevo chiaramente trovato il mio tema, sembrava la cosa ovvia da fare. Per questo accantonare quel romanzo fu in molti sensi una decisione dolorosa. Non lo dissi a Ayelet. Lo tenni segreto. Provai, ma lei indovinò che avevo smesso. Ricordi?
WALDMAN - Scoppiai a piangere.
CHABON - Mi chiese come stava andando il romanzo e sapeva a che punto era il lavoro, la mia risposta fu un po' evasiva…
WALDMAN - E io stavo studiando per il bar exam (11) da avvocato, e il bar californiano è il più duro… Decisi – mancavano sei settimane – di chiedergli come andava e lui rispose: «Vuoi davvero che te lo dica?». Scoppiai a piangere e dissi: «Non dirmi niente finché non ho finito».
CHABON - Avevo questa possibilità, sei settimane in cui non poteva occuparsi di me. Ci provo e vedo come va.
WALDMAN - Poi viene a prendermi all'esame e mi mette in mano centodieci pagine del nuovo romanzo. Dice: «Se pensi che sia buono continuo, se no torno a Fountain City». Lo lessi, dissi che era fantastico, continua così, è perfetto.
CHABON - E ho continuato.

INTERVISTATORE - Quindi non hai pianto, Ayelet.
WALDMAN - No, avevo pianto mentre preparavo l'esame. Ma mi ero detta di andare avanti perché pensavo: «Ok, qualcuno deve avere un lavoro, per sostenere entrambi».
CHABON - Ero nauseato, lo odiavo tanto, ero demoralizzato, e per quanto fosse dura rinunciare a tutto quel lavoro, appena smisi e passai a Wonder Boys fu un tale sollievo… Fiuuuu, basta con quel libro del cazzo, questa cosa mi prende molto di più. E dopo, per ogni libro che ho scritto, Kavalier, Yiddish... c'è stato un momento in cui ho pensato: «Non me ne frega più niente, sono stufo, non mi piacciono questi personaggi, non so perché ho mai pensato di scrivere questa cosa», e spesso dopo quel momento arrivava la decisione di tagliare qualcosa di grosso, nel libro, e cominciare tutto da capo, o quasi, e per quanto prima che tu lo faccia sia una cosa spaventosa e orribile, dopo è una gioia. Dopo che hai preso quelle ottanta pagine su cui hai lavorato un anno e mezzo e le butti, il senso di liberazione è così potente da rassicurarti e farti pensare che hai fatto la cosa giusta.

INTERVISTATORE - [Piccola coda all'intervista, la mattina dopo, sabato: lo pedino per le stradine di Capri (12), lo trovo che va a visitare l'arco naturale con la famiglia e con la famiglia di Jhumpa Lahiri.] Mi sono scordato di chiederti della serie tv che stai sviluppando.
CHABON - È ambientata durante la Seconda guerra mondiale, è una commedia-drama-avventura…
WALDMAN - Più drama che commedia...
CHABON - … Drama-venture… Eh eh, è su un team di ciarlatani.
WALDMAN - Truffatori, artisti della fuga, maghi.
CHABON - Medium… Reclutati dall'intelligence britannica per combattere i tedeschi. L'abbiamo sviluppato con HBO (13) per un paio d'anni, ma hanno deciso di non farlo. E ora siamo a FX.
WALDMAN - Che ha Breaking Bad…
INTERVISTATORE - E Louie e Justified…
WALDMAN - Osano molto. Hanno molta voglia di rischiare.
CHABON - Abbiamo ancora un po' di lavoro da fare. Quando scrivi per HBO si lavora su episodi da sessanta minuti. Per FX si fanno quarantotto minuti. Abbiamo scritto due episodi, li dobbiamo accorciare, lavorarci un po'. Per ora siamo solo noi due. È fantastico. E anche se HBO ha rinunciato, è stato comunque molto divertente lavorare con loro, ci hanno dato molti consigli costruttivi. Anche lavorare con FX è stato finora bellissimo.
WALDMAN - Sono molto interessati a un approccio non tradizionale alla scrittura televisiva.

INTERVISTATORE - Titolo?
CHABON - Hobgoblin. Che è una specie di piccolo goblin, un demone.

INTERVISTATORE - Forse a questo punto dovrei chiederti di Spider-Man 2 (14).
CHABON - Ah, Spider-Man 2. Breve e dolcissimo. Ricevo una telefonata da Sam Raimi, che eccitazione, mi dice: Spidey needs you. Non ho potuto resistere.

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