Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2014 alle ore 20:16.
L'ultima modifica è del 19 aprile 2014 alle ore 10:14.

My24

Pubblichiamo l’intervista del 1987 fatta per la Rai da Giovanni Minoli al premio Nobel per Letteratura del 1982 Gabriel Garcia Marquez, morto due giorni fa all’età di 87 anni.

Gabriel Garcia Marquez, colombiano. Malinconico e sarcastico. Sensuale e cinico. E’ la voce, la penna di un intero continente: l’America Latina. Cent’anni di solitudine, La mala ora, Un giornalista felice e sconosciuto, Racconto di un naufrago, L’Autunno del patriarca, Cronaca di una morte annunciata. Sono solo alcuni dei suoi romanzi tradotti in almeno cinque lingue che hanno venduto milioni di copie in tutte il mondo. Nato ai tropici è stato a scuola dei gesuiti, è arrivato all’Università ma non l’ha finita. Prima di scoprirsi scrittore ha sbarcato il lunario, lavorando in cronaca per un’agenzia stampa. A diciannove anni, una sera, la folgorazione, la decisione di diventare scrittore. La fama, quella con la ‘f’ maiuscola, per il giovane Gabo, come lo chiamano gli amici, arriva nel ’67, con Cent’anni di solitudine, quando il mondo intero resta affascinato dai gigli insanguinati e dalle salamandre dorate che percorrono le sue pagine a Macondo. Nato povero Gabo ama il sogno di riscatto della giovane rivoluzione cubana, diventa amico di Castro che va a trovare trascinandosi dietro valige piene di libri. Non è a Cuba però ma è in Messico che chiede ospitalità quando nell’81 lascia clamorosamente la Colombia, lo accusano di collaborare con i guerriglieri, come il suo eroe preferito Don Chisciotte, da solo continua a combattere contro l’orrore delle dittature in america latina. Il grande affabulatore laggiù è un’autorità morale, una voce che non si può non ascoltare.

- Signor Marquez lei un giorno ha detto ‘io non potrei mai scrivere un libro partendo da un’idea. Parto sempre da un’immagine, o da un sentimento’.

E’ vero, è sempre stata un’immagine a dare il via a tutti i miei libri. Un’immagine durata anni, attorno alla quale, si è formata pian piano, un po’ come le incrostazioni sulle barche tutta la storia. Al principio c’è sempre un immagine. Se non c’è l’immagine io non vedo il racconto.

- Senta ma lei accetta la definizione di scrittore dal realismo magico? Le piace?

No. Quello che io non accetto è la definizione di realismo magico. Io sono un realista puro. I fatto è che la realtà dei Carabi, la realtà dell’America Latina in generale e la realtà credo in generale, è molto più magica di quanto possiamo immaginare. Siamo ancora troppo influenzati da Cartesio

- Ecco senta, e quindi lei si dovesse definire come si definirebbe un realista?

Un realista. Un realista triste.

- Triste? Perché triste?

Noi dei Carabi, abbiamo fama di essere gente allegra molto aperta. Invece siamo la gente più chiusa, più ermetica, e più triste che ci sia.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi