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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2010 alle ore 10:54.
L'ultima modifica è del 24 maggio 2010 alle ore 16:53.
L'enfant du pays, Manuel Belletti, ha vinto ieri sul traguardo di casa di Cesenatico. Il giovane romagnolo ha battuto un drappello di fuggitivi che non hanno insidiato le zone alte della classifica. Come scriveva Vasco Pratolini, nelle cronache dal Giro d'Italia del 1947, commentando proprio una tappa conclusasi a Cesenatico «le vedette sono rimaste nel camerino». La temuta salita del Barbotto non ha fatto selezione ed è stata affrontata dai ciclisti – secondo i calcoli di Aldo Sassi del Centro Mapei di Castellanza – a una potenza del 7-8% inferiore ai valori massimi. Un segnale che tutti i big sono molto prudenti anche perché oggi è in programma l'ascesa del Monte Grappa, molto lunga e con pendenze impegnative, e domani lo Zoncolan.
Via libera, dunque, alle seconde linee con un allungo di Vladimir Karpets, uomo classifica del Team Katusha, che ha guadagnato poco più di due minuti sui migliori e sulla maglia rosa Richie Porte. Dopo il flop della tappa dell'Aquila anche ieri i direttori sportivi hanno dato prova di scarsa saggezza tattica. Mi spiace contestare le scelte di Serge Parsani (direttore sportivo del T. Katusha e storico direttore Mapei) che aveva due uomini in fuga "inseguiti" da Karpets. Non è comprensibile perché non abbia fermato i fuggitivi per aspettare il loro capitano. Quello di ieri è l'ultimo di una serie di errori che posso spiegare soltanto con il fatto che le squadre sono piuttoste contratte perché spaventate dall'ultima settimana del Giro.
La vittoria di Belletti mi fa particolarmente piacere perché è un prodotto del vivaio di Ernesto Colnago impegnato a far crescere i giovani all'insegna del ciclismo pulito.