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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2010 alle ore 18:11.
L'ultima modifica è del 24 maggio 2010 alle ore 17:43.
Ieri giornata di trasferimento della carovana dal l'Olanda a Torino. Il 93º Giro d'Italia riparte oggi con un'insidiosa cronometro a squadre da Savigliano a Cuneo di 33 chilometri che potrebbe fornire i primi verdetti della corsa rosa dopo le tre tappe olandesi caratterizzate da continui capovolgimenti in testa alla classifica. Per la maglia rosa Alexandre Vinokourov sarà un test importante e si capirà se entrerà nella lista dei protagonisti o rientrerà nei ranghi.
D'altra parte la cronometro a squadre è un esercizio inconsueto per il Giro d'Italia, mentre è abituale nel calendario del Tour de France. Se, poi, arriva all'indomani di una giornata di riposo è un'autentica scommessa. È un po'come prevedere il comportamento delle borse dopo una giornata di forti rialzi o di tonfi. A livello agonistico, infatti, diversi sono i tempi di recupero fisico dei singoli corridori: qualcuno potrebbe rimanere "imballato", altri esplodere.
Sicuramente oggi si vedrà la differenza di prestazioni tra i team con distacchi anche significativi. Il mio pronostico è per la Liquigas di Basso e Nibali che potrebbe assestare un primo colpo, anche pesante, a Cadel Evans che deve fare i conti con una formazione piuttosto debole.
Intanto ieri l'Ufficio per lo sport della Presidenza del consiglio ha lanciato l'operazione "borraccia trasparente" che, lungo le strade del Giro d'Italia, accompagnerà la campagna «Niente doping, solo sport» contro l'uso di sostanze illecite anche in ambito amatoriale. Un'iniziativa encomiabile come tutte le testimonianze per un ciclismo pulito a partire dal settore giovanile e dilettantisco: ma – lasciatemi dire – rischia di essere un'iniziativa un po' propagandistica, perché il vero problema di questo sport è il doping ematico che si pratica non durante la competizione, ma in Spagna o in qualche isola lontano dai riflettori e dai controlli. Le 30mila "borracce trasparenti" distribuite al Giro sono, dunque, poca cosa rispetto a quanto si dovrebbe fare per prevenire e combattere in maniera efficace il doping delle competizioni sportive.