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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2011 alle ore 07:35.

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La Fao e il suo capo economista Abdolreza Abbassian avevano ragione a lanciare l'allarme sui prezzi alimentari aumentati mediamente del 50% (con l'eccezione del riso) e sui conseguenti rischi di rivolte sociali nei paesi più poveri.
Dopo la profezia sono arrivate, puntuali, le notizie delle proteste in Algeria dove per due notti consecutive, da lunedì, violenti scontri tra polizia e manifestanti sono scoppiati a Bab El Oued, quartiere popolare di Algeri per l'aumento dei generi di prima necessità. Ieri le proteste si sono allargate a macchia d'olio in altre città del paese per protestare contro l'impennata dei prezzi di alcuni generi alimentari di largo consumo come olio, zucchero e farina. La memoria è corsa immediatamente alla sanguinosa rivolta del Couscous scoppiata proprio in Algeria nel 1988.
Intanto la protesta si è allargata coinvolgendo alcuni comuni della Cabilia, nella zona di Boumerdes e Bejaia, a 50 e 250 km ad est di Algeri.
Secondo quanto riferisce El Watan online, e Aljazeera online centinaia di giovani hanno manifestato a Naciria, Bord Menaiel e Issers e hanno bloccato in diversi punti la strada nazionale.

Stesso scenario nella zona di Bejaia, dove i giovani manifestanti incappucciati hanno bloccato la circolazione e hanno tentato di attaccare gli edifici pubblici.
Intanto, anche ad Algeri resta alta la tensione dopo le violenze della notte scorsa a Bab El Oued. Nuovi scontri sono stati segnalati anche ieri pomeriggio in altri quartieri periferici della città, tra cui El Hamiz e Bordj El Kiffan. La polizia in tenuta antisommossa ha presidiato i quartieri più popolari della capitale.
È l'inizio di quanto accaduto pochi giorni fa in Tunisia con le proteste della baguette che ha causato due morti?
«Difficile fare previsioni – dice Abdolreza Abbassian, capo economista alla Fao – di certo l'aumento dei prezzi dei cereali farà aumentare il costo della bolletta di quei paesi che devono importare gli alimentari».
Intanto scioperi, manifestazioni di piazza e addirittura tentativi di suicidio come estrema protesta sono stati segnalati ieri da fonti sindacali in varie località della Tunisia, in particolare nele aree dove si è concentrata la protesta degli studenti e dei disoccupati delle ultime settimane. Il Maghreb sembra sull'orlo della rivolta.
Ma quali sono le cause dell'aumento dei prezzi dei cereali? «La siccità in Russia e Kazakisthan accompagnata dalle inondazioni in Europa, Canada e Australia, associate a incertezza sulla produzione in Argentina stanno facendo aumentare i prezzi dei cereali», spiega l'economista della Fao Abbassian.

Un "arco della crisi alimentare" che parte dall'Africa del Nord e arriva in Asia: in India i prezzi alimentari sono aumentati in un anno del 18%, incremento che, associato a un'impennata dei prezzi dell'energia, fa ipotizzare che la Banca centrale indiana aumenterà i tassi entro la fine del mese. Anche in Cina il costo degli alimentari è salito dell'11,7% in un anno, mentre i non-alimentari sono aumentati solo dell'1,9%. «Attenzione però - precisa Abbassian, - gli aumenti in India sono determinati anche dal raddoppio dei prezzi delle spezie (sostanze molto usate nella cucina indiana) mentre in Cina sono i vegetali freschi a tirare la volata, "piatti" entrambi destinati a una classe agiata». Cautela quindi nel fare facili generalizzazioni.
Ecco perché la Cina, pur avendo aumentato i tassi per frenare l'inflazione, trainata dal boom imobiliare e dai prezzi al consumo, ha altresì aumentato i salari minimi (mossa apparentemente paradossale), unico strumento per mantenere il potere di acquisto nei confronti di aumenti stellari degli alimentari.
Una mossa prudente quella di Pechino, visto che Fu Bingtao, economista della Agricoltural Bank of China, prevede per il 2011 un nuovo rialzo del 10% del prezzo del grano, cereale più importato in Cina.

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