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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2011 alle ore 07:43.
Un cambio di marcia dopo un rettifilo "tirato". Se il referendum di dopodomani a Mirafiori sarà per Fiat la prima curva utile a inquadrare il futuro che le si stende davanti, un bel pezzo di strada è già stato fatto tra le scocche e le linee di montaggio negli stabilimenti del Lingotto. È un percorso che attiene all'organizzazione del lavoro e ha smagrito organici e tempi, ha ridotto le temperature dei forni di essicazione e delle acque di raffreddamento, ha abbattuto carichi e costi di energia necessari a ogni veicolo. La dieta non è nuova, si chiama world class manifacturing, metodo Toyota aggiornato in chiave europea. Per dirla con Luciano Massone, responsabile dell'attuazione di wcm in Fiat group, si riassume in tre zero: «Zero difetti di qualità, zero scorte, zero guasti».
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Fin qui, applicandosi da monte a valle della catena di assemblaggio, il wcm ha tolto il primo giro di adipe al corpaccione del Lingotto, portando tra 2006 e 2009 un risparmio di 730 milioni. Ma ora arriva la fase II, e l'idea è di mettere mano in profondità alle linee: la previsione è di 2,6 miliardi di risparmio aggregato al 2014. Sempre che il malato tenga.
Tre medici per una dieta. Arrivato a Torino nel 2004, Sergio Marchionne chiama quasi subito ad occuparsi della dieta wcm Stefan Ketter, studi globalizzati (ingegneria a Monaco e mba all'Insead) e già quasi 20 anni nell'automotive: 10 in Bmw, uno in Audi, sette in Volkswagen. Nel 2005, Ketter diventa responsabile del manufacturing Fiat e si ritrova al fianco Luciano Massone, che gli stabilimenti italiani li ha girati tutti, lato risorse umane. Prima di cominciare, i due ingaggiano il guru del wcm, il giapponese Hajime Yamashina, cattedra a Kyoto in mechanical engineering e nutrito carniere di consulenze nel nostro paese (Pirelli, Ansaldo e Indesit).
Inizia così, da Cassino e Melfi, non a caso i più evoluti tra gli stabilimenti Fiat, la cura della produttività, e i risultati si vedono in fretta. A marzo 2005 ogni Croma che usciva da Cassino gravava sui bilanci per un costo medio di manutenzione in garanzia di 39,2 euro, nel marzo 2007 si è scesi a 21,1. Il perché del miglioramento lo spiega il dato di Melfi, esemplificato su carte Fiat in un diagramma che segna i passi degli operai della linea intorno a una scocca: tra 2006 e 2009 le operazioni che non apportano valore aggiunto - tra errori, sprechi e inefficienze - calano del 60 per cento. Meno passi e movimenti inutili, tempi più ristretti, più output a qualità elevata.