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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2011 alle ore 10:18.

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E’ il momento dei vini semplici e frizzanti. Parola del GIV che chiude il 2010 a +8%. NElla foto Corrado CasoliE’ il momento dei vini semplici e frizzanti. Parola del GIV che chiude il 2010 a +8%. NElla foto Corrado Casoli

Se c’è un osservatorio affidabile, almeno in tema enoico, è quello di Calmasino, sul Garda, sede del Gruppo Italiano Vini. E le previsioni del tempo sono buone, secondo quanto riferito l’8 marzo durante la conferenza stampa “di consuntivo”.

Analizzando i risultati di bilancio di uno dei principali player del mercato vinicolo nazionale, infatti, emerge addirittura che il 2010 è stato l’anno della ripresa, del ritorno ai livelli pre-crisi. Il presidente del Gruppo, Corrado Casoli, ha annunciato un fatturato consolidato del Gruppo di 328 milioni di euro con un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente. La redditività è passata da 18,7 a 24,3 milioni di euro.

Il direttore generale Davide Mascalzoni ha rilevato in particolare le performance delle società estere del gruppo. Ad esempio, la Wildman, importatore e distributore di New York, supera i 100 milioni di dollari di fatturato (+7,5% sul 2009); la Carniato Europe di Parigi chiude con 50 milioni di euro e rappresenta la più importante organizzazione di distribuzione di alimentari italiani in Francia.

Il fatturato della capogruppo sale a 220 milioni di euro (+8%) con un buon segnale dall’Italia: + 10% realizzato in gran parte grazie all’apporto di fatturato di Carpenè Malvolti.  A questo proposito, secondo i vertici Giv, le nuove tendenze sono chiare: vini più leggeri e frizzanti (vedi anche lo Speciale Tracks/Tracce per il Vinitaly sul sito www.civiltadel bere.com).  L’accordo di distribuzione in esclusiva dei vini Carpenè Malvolti e l’acquisto della modenese Cavicchioli rientrano dunque in una chiara strategia di rafforzamento nei segmenti di mercato oggi più interessanti, confermando l’attitudine business ordiented del Gruppo.

Quello passato è stato decisamente “frizzante” per il GIV. Ad aprile è stato siglato l’accordo con la famiglia Carpenè, per la distribuzione in Italia dei prodotti della storica famiglia di Conegliano, leader con il Prosecco Docg, tipologia che sta riscuotendo un enorme successo. Risale al gennaio 2011, invece, l’acquisizione delle Cantine Cavicchioli di San Prospero, marchio prestigioso della viticoltura modenese e leader del Lambrusco Doc di qualità. L’operazione porterà al Gruppo 25 milioni di euro di fatturato, di cui il 20% realizzato all’estero.

I numeri del Giv, che da gennaio ha assoldato anche un nuovo direttore commerciale, Marco Gobbi, e ha promosso direttore enologico e di produzione Christian Scrinzi, sono proprio un’iniezione di ottimismo: 868 dipendenti (585 in Italia), 1.340 ettari di vigneto, 20 marche, 15 Cantine di proprietà, 95 milioni di bottiglie prodotte e commercializzate.

Pensiamo a queste ultime. Come si sostiene un traffico di queste dimensioni, come si superano questi tempi di contrazione generale dei consumi vinicoli? Secondo Emilio Pedron, storico AD del Gruppo, oggi consigliere d’amministrazione, non c’è più nulla da temere: siamo davvero di fronte alla ripresa “per chi ha una certa organizzazione, uomini di valore, marchi prestigiosi”. Sono state colmate le perdite e si vede di nuovo una buona marginalità, soprattutto si è saputo consolidare il business all’estero. La strategia del Giv è nota e pone l’accento su due punti cardine: prezzi e distribuzione.

Purtroppo l’asfissia finanziaria ha costretto alcune aziende coi nervi forse un po’ meno saldi a ribassare i listini, qualcuno all’eccesso, mentre il Giv non solo non l’ha fatto, ma in pien crisi, fine 2008, li ha addirittura ritoccati verso l’alto. La difesa del valore reale, e percepito, dei brand è un must. Sulla distribuzione Pedron insiste da tempi non sospetti. Il GIV, tra i primi, ha realizzato joint-venture, compartecipazioni, quando non ha creato società proprie ad hoc, come GIV Deutschland, per gestire la complessa tematica del commercio all’estero. In alcuni casi, infatti, distributori e importatori locali rischiano, nel proteggere il proprio business basato su molti fornitori, di danneggiare i partner.

Civiltà del bere

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