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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2011 alle ore 07:51.

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La partita con il debito pubblico è lunga e irta di ostacoli. Ma certamente il rispetto degli impegni assunti ha un suo peso. Da questo punto di vista il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker non sembra nutrire dubbi. Lo ha detto chiaramente ieri sera al termine dell'Eurogruppo, commentando gli ultimi dati della Banca d'Italia sullo stock del debito registrato nel mese di gennaio (1.879,9 miliardi a fronte dei 1.843,1 miliardi del dicembre 2010). Nella premessa che il valore di riferimento è il rapporto tra debito e Pil, Juncker si dichiara fiducioso «sulla determinazione del governo italiano di correggere verso il basso il debito pubblico».

Siamo pur sempre al 118% del Pil, il debito più alto in Europa. Lo riconosce lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: non intervenire – osserva – «non ci è più consentito né dall'Europa né dai mercati». È vero che tra i «fattori rilevanti» che determineranno l'attivazione da parte della commissione europea della procedura per debito eccessivo si terrà conto del livello complessivo dell'indebitamento privato. È la linea sostenuta a più riprese in sede europea dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, peraltro già condivisa dall'ultimo G-20 di Parigi. Non per questo tuttavia si può abbassare la guardia, poiché alla fine il giudizio che conta sul serio è quello dei mercati.

La trattativa è tuttora in corso, riguarda i diversi aspetti dei dossier all'esame dei ministri finanziari, e tuttavia emergono alcuni punti fermi sulla nuova governance europea, che saranno sottoposti al varo del vertice dei capi di Stato e di governo del 24 e 25 marzo. Riunione che sarà preceduta da un Eurogruppo straordinario dei ministri finanziari fissato per lunedì prossimo. L'inserimento dei fattori rilevanti è indubbiamente una novità importante accolta con favore da Tremonti. Oltre all'indebitamento privato, si dovrà tener conto anche della struttura del debito pubblico e dell'impatto delle riforme strutturali già approvate, a partire dalla previdenza.

Restano sul tappeto altri aspetti tutt'altro che irrilevanti, anch'essi sollecitati dall'Italia, tra cui la richiesta di evitare automatismi di sorta, ferma restando la riduzione del debito pubblico pari a ventesimo l'anno per la sua parte eccedente il 60% del Pil. Altra questione da definire l'effettiva entrata a regime delle nuove regole in materia di disciplina di bilancio, che secondo quanto ha indicato lo stesso Rehn dovrebbe essere fissata al 2015, dopo un periodo transitorio. Quanto basta al momento per scongiurare l'ipotesi di manovre correttive draconiane già nell'immediato.

Ci si muove in ogni caso nel solco dell'intesa politica raggiunta nel vertice europeo della scorsa settimana. Il «parametro quantitativo» sarà affiancato appunto dagli altri fattori rilevanti.

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