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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2011 alle ore 07:50.

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«Stiamo cercando di limitare gli effetti sui mercati finanziari e sull'operatività del sistema bancario». La Banca del Giappone non ha indugiato: ieri ha iniettato nel sistema bancario la cifra record di 15mila miliardi di yen (pari a 131 miliardi di euro) e contemporaneamente ha raddoppiato da 5 a 10mila miliardi di yen (87 miliardi di euro) il programma di acquisto di obbligazioni.

L'obiettivo è di limitare l'impatto del terremoto sull'economia del Giappone. Ma i mercati finanziari fanno già i conti e temono la recessione: imprese chiuse, infrastrutture distrutte, intere zone devastate e danni per 14-15mila miliardi di yen ruberanno certamente quote di Pil al Giappone nel breve termine. Morale: le Borse hanno frenato (-6,18% Tokyo, -1,10% l'Europa, -0,6% Wall Street), mentre titoli di stato a breve termine di Europa e Usa hanno registrato un rialzo dei prezzi. Il petrolio è prima sceso e poi ha recuperato. E lo yen ha sfiorato il massimo storico toccato – non è un caso – subito dopo il terremoto giapponese del 1995.

Ma per capire la reazione dei mercati, bisogna partire dalle premesse: i danni economici.

L'impatto sull'economia
I terremoti storicamente producono due effetti opposti sull'economia: nell'immediato frenano la crescita, ma successivamente – grazie alla ricostruzione – generano una consistente ripresa economica. Accadde così, per restare sempre in Giappone, dopo il terremoto del 1995. Allora – notano gli economisti di Nomura – l'effetto nel breve termine fu però meno traumatico del previsto: fatta 100 la produzione industriale del paese prima del terremoto, il calo arrivò fino a 99,5 per risalire dopo un mese a 101,5.

Questa volta le premesse sono simili: nell'immediato un impatto negativo ci sarà. Forse più lieve del previsto, come ipotizza Nomura, oppure «severo» come calcola SocGen. Sta di fatto che la regione colpita dal terremoto venerdì scorso produce circa il 4% del Pil giapponese: questa fetta per un po' verrà meno. Gruppi come Toyota, Nissan, Honda, Sony, Toshiba, Kirin e Sapporo hanno già chiuso o bloccato molti stabilimenti produttivi. Sommando il disastro nucleare e il danno al territorio, è facile capire che l'impatto sarà considerevole. Il problema è poi l'effetto domino: in un contesto di crisi globale, dal Giappone la frenata potrebbe estendersi al mondo intero.

Nel medio-lungo termine, però, gli effetti potrebbero cambiare. Il governo dovrebbe aumentare la spesa pubblica per rendere possibile la ricostruzione: questo da un lato dovrebbe stimolare l'economia, ma dall'altro potrebbe peggiorare i già disastrati conti pubblici nipponici. Il Paese vanta infatti un non invidiabile rapporto tra debito e Pil del 220%. Ma gli "effetti collaterali" potrebbero non fermarsi qui: il governo giapponese potrebbe essere costretto a ridurre gli acquisiti di titoli di stato americani (la banca centrale ne detiene per 882 miliardi di dollari) o europei. Sempre nel medio termine ci potrebbe essere anche un rimpatrio di capitali attualmente all'estero: questo, in occasione del terremoto del 1995, fece rivalutare lo yen.

L'effetto sui mercati
Tutto questo ha mosso i mercati. Le Borse, come detto, sono scese: Londra -0,92%, Parigi -1,29%, Francoforte -1,65%, Milano -0,27%. Il listino di Tokyo ha raggiunto i minimi dal 2008, con le società costrette a bloccare gli impianti in caduta libera: Toyota -7,93%, Nissan -9,52%, Sony - 9,12%. Nel mondo intero sono sprofondate le azioni delle società che hanno impianti nucleari: Cameco ha perso il 12,7% alla Wall Street e Usec Inc è crollata dell'11,05%. Deboli sono state in realtà un po' tutte le società energetiche, inclusa l'italiana Enel (-1,69%) e le utility. Anche questa è una reazione ovvia: dopo il disastro in Giappone, il dibattito sul nucleare ha messo in forse progetti futuri e stabilimenti attuali. Proprio ieri Angela Merkel ha annunciato che la Germania sospenderà per tre mesi la decisione sul prolungamento della vita degli impianti nucleari del Paese.

Ma l'impatto sui mercati è stato ancora più ampio. Ha coinvolto per esempio le materie prime. Il Giappone è il terzo consumatore al mondo di petrolio: il terremoto ha quindi, in un primo momento, indebolito l'oro nero. Solo l'arrivo di milizie arabe in Bahrain ha riportato in alto le quotazioni, tanto che alla fine il petrolio ha chiuso stabile a New York sopra i 101 dollari. In rialzo, come detto, lo yen: i mercati, memori dell'effetto-rimpatrio dei capitali del 1995, l'hanno spinto fino a 80,60 sul dollaro. Infine l'impatto è stato evidente sui titoli di stato: la fuga dalle Borse ha causato acquisti considerevoli sui T-Bond Usa a breve termine.

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