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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2011 alle ore 08:15.

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UDINE
I segreti di una “provinciale” di successo sono l'umiltà, la dedizione al lavoro, la tenacia e la consapevolezza delle proprie possibilità. Il caso Udinese nel calcio, ai vertici della classifica di Serie A e con i bilanci in piena salute, è soltanto la punta di un iceberg imprenditoriale che dal più periferico Nordest italiano, anche in questa fase economica, sta mietendo risultati brillanti nel mondo. Nel mercato, come sul campo di gioco, agli imprenditori friulani e ai loro collaboratori vengono riconosciute doti di affidabilità, massima produttività, qualità del lavoro, cui si unisce una disponibilità a cercare il business all'estero, frutto di una memoria collettiva dell'emigrazione ancora viva.
Azienda rompighiaccio nei paesi emergenti è da sempre la Danieli di Buttrio, tra i leader mondiali nella realizzazione di impianti siderurgici. Il gruppo vanta un portafoglio a fine 2010 di 3.479 milioni di euro, con un fatturato semestrale di 1.405 milioni, cresciuto del 33% rispetto allo stesso periodo dell'esercizio precedente. Il numero complessivo dei dipendenti ha raggiunto le 9mila unità, con nuove 300 assunzioni perfezionate negli ultimi sei mesi. Consistenti investimenti in ricerca e sviluppo, internazionalizzazione produttiva e ampliamento delle tipologie di prodotto sono le basi della riorganizzazione avviata cinque anni fa, sotto il nome di progetto “Metamorfosi”, per affrontare i cambiamenti del mercato globale.
Gli stadi delle olimpiadi di Atene e dei mondiali del Sud Africa sono firmati invece dalla Cimolai di Pordenone, che ne ha realizzato le coperture metalliche. Sono tre le leve del successo dell'azienda specializzata in costruzioni metalliche, secondo il suo presidente Luigi Cimolai: inventiva, qualità del prodotto e puntualità della consegna. Il 2010 si chiude con un fatturato di 255 milioni, ma nel portafoglio ci sono ordini per 870 milioni. Cimolai conta 700 dipendenti ed esporta il 60% della produzione.
L'esempio friulano più significativo di subfornitore evoluto è la Brovedani di San Vito al Tagliamento, leader in componenti meccanici. Già nel 2010 ha riportato il proprio fatturato ai livelli pre-crisi, oltre i 70 milioni, con una componente di export dell'89 per cento. Conta 750 dipendenti, di cui 420 in Italia.
«Abbiamo usato gli ultimi due anni di crisi non per piangerci addosso, ma per rinforzarci e accelerare i piani di internazionalizzazione e di miglioramento – commenta il general manager Sergio Barel -. Nessuna delocalizzazione, perché nessun lavoro è stato trasferito dall'Italia all'estero, ma nuove localizzazioni produttive in Slovacchia e in Messico. In piena crisi Usa, andavamo oltre Oceano mentre tutti scappavano».
Brovedani è tra le prime aziende in Friuli ad aver adottato i principi del lean manufacturing e ora punta a raggiungere nel triennio i 100 milioni di fatturato, con una presenza quanto prima anche in Asia.
«Nessun segreto – conclude Barel - solo volontà e capacità di pianificare nel lungo periodo, creazione di team di persone affiatate che accettano le sfide continue, investimenti in tecnologie, ma anche e soprattutto nelle risorse umane, nessuna paura nell'affrontare l'internazionalizzazione, spinta al miglioramento continuo soprattutto in Italia per essere competitivi nei confronti dei mercati emergenti».
Guidato dalla coppia, anche nella vita, formata da Derna Del Stabile e Diego Travan, il Gruppo Interna di Tavagnacco nel corso di 26 anni si è ritagliato un ruolo mondiale nell'arredamento di alberghi e boutique di lusso. Una sessantina i dipendenti, 20 i milioni di fatturato con una crescita del 13%, una rete di oltre duecento aziende artigiane subfornitrici e un palmares di altissimo prestigio, come il primo hotel Armani a Dubai e catene clienti collaudati come Vuitton, Chanel, Prada, Cartier. Recente novità del gruppo è l'ingresso nel settore del real estate, sempre per la realizzazione di strutture alberghiere di alto livello, con già una dote alla nascita di 200 milioni di investimenti.
Tipicamente friulano è, poi, il prosciutto di San Daniele che ha stabilito nel 2010 un nuovo record commerciale. Oltre 2.750.000 prosciutti con il marchio Dop sono stati venduti dalle aziende del consorzio friulano in tutto il mondo, che quest'anno festeggia il mezzo secolo di attività, totalizzando un fatturato di 335 milioni di euro, per il 13% frutto delle esportazioni. È vero boom delle vaschette di prosciutto preaffettato, aumentate del 28% a 12 milioni di unità.
«Merito di un prodotto di qualità conosciuto e apprezzato – spiega il direttore del Consorzio Mario Cicchetti – che, però, beneficia anche del fatto che le 31 aziende seguono una strategia condivisa, frutto anche di processi produttivi regolamentati. Per noi sistema e rete sono valori concreti».
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