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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2011 alle ore 07:56.

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PARIGI - Una decina di giorni fa la società americana General Mills (nota al grande pubblico per i gelati Haagen-Dazs) ha acquisito la maggioranza del gruppo Yoplait, numero due mondiale degli yogurt e uno dei primattori della filiera francese del latte, sbaragliando la concorrenza di tre cinesi, due messicani, un olandese, un giapponese, uno svizzero e due francesi (Bel e l'onnipresente Lactalis). Ha messo sul piatto poco più di 800 milioni per rilevare il 50% in mano al fondo Pai e un 1% del restante 50% detenuto dalla cooperativa di produttori lattieri Sodiaal.


Pochi minuti dopo l'annuncio, i ministri dell'Economia Christine Lagarde e dell'Agricoltura Bruno Le Maire hanno diffuso un comunicato per rassicurare chi si fosse preoccupato della cessione a un'impresa straniera (addirittura extraeuropea) di un fiore all'occhiello dell'agroalimentare francese: «Il Fondo strategico d'investimento, Fsi, accompagnerà il progetto di General Mills. In modo da garantire che il piano industriale sia rispettoso dei posti di lavoro, del know how tecnologico e dello sviluppo di un settore chiave dell'economia francese».
Eccolo, un esempio illuminante – recentissimo e di grande attualità – del cosiddetto "patriottismo economico" di Parigi. Niente leggi, ma tempismo e soprattutto quattrini da mettere sui tavoli in cui si giocano le partite importanti. Nel caso di Yoplait si tratterà probabilmente di circa 150 milioni per il 10% del capitale.


L'Fsi è stato costituito nel dicembre del 2008 su iniziativa del presidente Nicolas Sarkozy per dotare la Francia di una sorta di fondo sovrano in grado di sostenere finanziariamente soprattutto le medie imprese – in particolare familiari – di settori ritenuti rilevanti nel quadro di una logica di filiera industriale. Un azionista stabile di lungo periodo, come ha spiegato Augustin de Romanet (direttore della Caisse des dépots e presidente dell'Fsi), in un momento in cui «la presenza crescente di investitori di breve periodo», interessati a creare rapidamente valor aggiunto per i soci, «può avere conseguenze negative pesanti per l'economia».

Il Fondo è controllato al 51% dalla Caisse des dépots e al 49% dall'Ape, l'Agenzia delle partecipazioni dello Stato creata nel 2004 per detenere e valorizzare le quote pubbliche nelle società quotate (a oggi circa 86 miliardi). Ha ricevuto una dotazione iniziale di 20 miliardi (7 dei quali in titoli France Télécom, pari a metà della partecipazione pubblica nella società) e un'ulteriore assegnazione di 1,3 miliardi all'inizio di quest'anno. La gestione operativa è stata affidata a Jean-Yves Gilet, proveniente da Arcelor. Fino a oggi è entrato nel capitale di 42 aziende. Ha chiuso il bilancio 2010 con un portafoglio di partecipazioni pari a 16,2 miliardi, utili netti (da dividendi) per 646 milioni e uno stock latente di plusvalenze per 1,4 miliardi.
Prima di Yoplait, operazione ancora in fase di messa a punto, l'investimento più importante è stata l'acquisizione, per 700 milioni, del 10,9% di STMicroelectronics in mano ad Areva, il colosso pubblico del nucleare che aveva bisogno di soldi freschi per finanziare la costruzione del nuovo – e costosissimo – reattore Epr.

Interessante, ed emblematico, è anche il primo intervento dell'Fsi: 80 milioni per rilevare il 20% (con 2 posti in cda) di Daher, società familiare nel settore della componentistica aeronautica, ovviamente fornitore di Eads/Airbus. Primo passo verso la realizzazione di un altro campione internazionale francese. Proprio in queste settimane il Governo sta infatti preparando l'ingresso dell'Fsi in un'altra impresa, anch'essa familiare, dello stesso comparto: Latécoère. Certo, alla porta stanno bussando cinesi, inglesi e olandesi. Ma l'occasione è troppo ghiotta: unendo due controllate di Eads (Aerolia e Sogerma), Daher e Latécoère, con la regia e i soldi pubblici del Fondo, ecco nascere un nuovo leader mondiale (francese) su un mercato strategico.
Patriottismo economico? Protezionismo? Chiamatelo come volete, però funziona. E magari è anche un modello da imitare.

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