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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2011 alle ore 08:07.

La Confindustria ha preso una decisione del tutto inusuale. Il 7 maggio, a Bergamo, chiamerà tutti gli imprenditori alle grandi Assise nazionali. Unendo in questa formula straordinaria anche il tradizionale appuntamento biennale di riflessione pubblica delle Piccole imprese.
L'unico precedente è del '92: allora l'Italia rischiava il default, Amato imponeva la manovra da 90mila miliardi di lire; si improntava la politica della concertazione che poi salvò il paese dal baratro dell'inflazione, dei conti fuori controllo e degli altissimi tassi e consentì, alla fine, l'ingresso nell'euro. Insomma, le Assise sono un appuntamento per momenti "epocali".
Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, lo spiega così: «Il momento è drammatico, ma non non vogliamo abbandonare la speranza, lasciare il campo; perdere lo spirito di proposta e di spinta per la politica e per la società. Sarà una vera adunata di forze positive, un momento importante per dire che ci siamo e che siamo in tanti; che rappresentiamo non solo l'impresa, l'economia, ma il paese tutto. Ci riuniremo per elaborare le nostre proposte, le idee da presentare a una politica distratta da altro e che, francamente, ancora una volta non sta certo dando un bello spettacolo».
Offese in aula, istituzioni in guerra. Torna anche il lancio delle monetine...
Diciamolo: lo spettacolo che sta offrendo il Parlamento è deprimente. Inaccettabile per il paese: se sono proprio le istituzioni a dare la sensazione di non comprendere quanto sia seria la situazione interna e internazionale è doppiamente grave.
La devastazione in Giappone induce al ripensamento sul nucleare; la crisi nel Nord Africa sconvolge i rapporti nel Mediterraneo e ripropone l'emergenza del tema petrolio; in Europa tornano politiche neo-nazionaliste di Germania e Francia...
Aggiungo il tema dei declassamenti dei debiti sovrani che ha impatto sulle politiche pubbliche europee e nazionali e sulle sorti dell'euro. Insomma, abbiamo di fronte ancora uno scenario di crisi: la crisi finanziaria prima ed economica poi non è finita e torna, di nuovo, con le sembianze di un'altra crisi finanziaria. Che ci riguarda come Italia e come Europa: tutto serve tranne che le fughe solitarie di Berlino o di Parigi. Semmai servirebbe più Europa come vorremmo che fosse, solidale e il più possibile coesa. La tragedia del Giappone ha messo in crisi la terza economia del pianeta e ha imposto al mondo di ripensare il nucleare. Resto convinta che non si debbano prendere decisioni strategiche in tema di energia sull'onda delle emozioni; basti pensare a quale sconvolgimento sulla domanda si verificherebbe se paesi come Cina e India decidessero di abbandonare il nucleare per restare ancorati solo al petrolio. Quanto al Nord Africa, la sua influenza sugli equilibri anche sociali (e di sicurezza) per il nostro paese è evidentissima nel dramma dei profughi a Lampedusa e non solo. È, però, chiara anche la sua influenza sul prezzo del greggio e ciò, per un paese come il nostro - dipendente per l'85% da gas e petrolio importato - ha un impatto notevolissimo: ogni dieci dollari di aumento del prezzo al barile sono sei miliardi di bolletta energetica in più. Non dimentichiamo poi che è la prima volta che un conflitto indebolisce il dollaro: se l'euro continua la sua corsa sarà un ulteriore problema per le nostre esportazioni.
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