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Questo articolo è stato pubblicato il 04 aprile 2011 alle ore 07:55.

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La riforma del condominio è l'occasione giusta per disciplinare l'installazione di telecamere in condominio, tutelando il diritto alla privacy e colmando un vuoto normativo sul quale si innestano oggi diverse posizioni contrastanti.
Con la sentenza 22602/2008 la Cassazione penale ha evidenziato che possono essere legittimamente effettuate le riprese video dall'esterno di un edificio del quale si inquadri il cortile: non c'è nessuna intrusione in una "privata dimora", dato che i luoghi ripresi vanno qualificati come esposti al pubblico.
Dal canto suo, il Garante per la protezione dei dati personali, pur rilevando che la raccolta e l'uso delle immagini deve essere proporzionale agli scopi perseguiti evitando le riprese in aree che non sono soggette a concreti pericoli (provvedimento 29 aprile 2004), ha rilevato che l'articolo 615-bis del Codice penale sanziona chiunque si procura indebitamente immagini relative alla vita privata che si svolge nel domicilio. Ancora la Cassazione, poi, ha ritenuto che in questi casi non si possa configurare l'ipotesi «interferenza illecita nella vita privata» (sentenza 5591/2006).
Con la newsletter n. 308 del 17 giugno 2008 il Garante per la privacy ha quindi evidenziato che «servono regole chiare» segnalando al Parlamento e al Governo l'opportunità di valutare l'adozione di una disciplina che regoli alcuni aspetti relativi al trattamento dei dati personali determinati dall'installazione di impianti di videosorveglianza nei condomìni, materia allo stato non disciplinata specificamente. Il Garante riceve infatti quesiti e segnalazioni da interi condomini che intendono installare tali impianti in aree comuni, quali portoni, androni, cortili, scale e parcheggi.
Emerge l'esistenza di due interessi contrapposti: da un lato l'esigenza di sicurezza delle persone e di tutela di beni comuni, dall'altro la preoccupazione dei singoli che gli impianti stessi possano incidere sulla libertà di muoversi, senza essere controllati, nel proprio domicilio e all'interno delle aree comuni.
Il Garante ha espresso inoltre perplessità in ordine ai soggetti che debbono esprimere la volontà di installazione dell'impianto (proprietari o anche conduttori) nonché al tipo di maggioranza assembleare che può approvare l'iniziativa (quella per le innovazioni? Quella semplificata in quanto intervento "migliorativo"?). Non contribuiscono al chiarimento le prime sentenze di merito, come quella del Tribunale di Salerno (14 dicembre 2010), in cui si afferma che l'impianto di videosorveglianza esula dalle attribuzioni dell'assemblea in quanto «prestazione non finalizzata a servire le parti comuni per uno scopo estraneo alle esigenze condominiali».
Al momento non risulta alcuna iniziativa normativa al riguardo, mentre la problematica si presenta sempre più di frequente nell'ambito condominiale. Ecco perché l'occasione della riforma all'esame della Camera, dopo la prima approvazione al Senato, sembra quindi opportuna, considerato che il testo (Ac n. 4041) già considera la semplificazione delle maggioranze deliberative anche per altri interventi di interesse pubblico (barriere architettoniche, risparmio energetico, banda larga, antenne satellitari).
Direttore Centro studi nazionale Anaci
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