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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2011 alle ore 09:51.

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Le ultime ore del Portogallo, prima di prendere la sofferta decisione a favore del ricorso agli aiuti esterni, sono state segnate da una vera e propria agonia finanziaria. Il primo campanello d'allarme lo avevano suonato martedì le banche portoghesi, con un anomalo annuncio: hanno sostenuto di non essere in grado di acquistare in asta i titoli del debito pubblico portoghese, destando la sorpresa, anzi, la costernazione del mercato. Che la pressione su Lisbona a ricorrere all'Efsf dovesse arrivare anche dall'interno, questo il mercato non se lo aspettava.

Ma è stato l'esito, anch'esso molto anomalo, dell'asta dei titoli di stato a breve termine portoghesi ieri, a diffondere lo sgomento sul mercato. I T-bill a sei e dodici mesi, in offerta rispettivamente per 550 e 450 milioni di euro, sono stati assegnati con tassi in forte rialzo rispetto alle emissioni precedenti ma, «strano davvero» hanno commentato i traders, al di sotto delle attese del mercato che si aspettava un rendimento sulla durata più lunga ben sopra il 6%: il semestrale è lievitato al 5,117% dal 2,984% dello scorso marzo (+2,13%) mentre l'annuale è passato dal 4,331% al 5,902% (+1,10%).

I conti per i trader però non tornavano: la domanda da parte degli investitori istituzionali internazionali, dei fondi pensione e altri gestori non portoghesi risultava da tempo pari a zero, ha commentato Luca Jellinek, responsabile della strategia sui tassi d'interesse di Crédit Agricole Cib. I titoli di stato portoghesi sono estremamente illiquidi e i grandi portafogli hanno abbandonato subito il campo, appena è divenuto scivoloso. Nel contempo il Tesoro portoghese si è spinto ad annunciare, in occasione dell'asta a sorpresa dello scorso primo aprile, di aver registrato un'ottima domanda. Così ieri il grande punto interrogativo sul mercato era: «Chi ha acquistato i titoli in asta, se il popolo dei portoghesi non è fatto da risparmiatori, se le banche si sono tirate indietro e se gli stranieri sono andati via da tempo?».

È così iniziata a girare la voce che la "forte" domanda in asta ieri per i T-bill portoghesi fosse tutta interna: una partita di giro, attingendo alla liquidità di fondi pensione o altro. È girato il nome del fondo FEFSS. Non c'è nulla di male, è forse stata la tesi - insostenibile - dei portoghesi, se qualche asta di T-bill viene sottoscritta tutta in casa.

Ma il mercato, che puntualmente anticipa, ha iniziato a guardare avanti. Quante aste di titoli di stato a breve termine sarebbero dovute finire nei portafogli un po' improvvisati di gestori portoghesi per consentire al paese di scavalcare indenne i due importanti appuntamenti dei titoli a medio-lungo termine in scadenza in aprile e il 15 giugno? Almeno cinque, se non sei: tutte con importi sopra l'ammontare minimo in calendario. Chiara Cremonesi, analista di Unicredit, è andata oltre: da luglio, ha segnalato, sarebbero comunque iniziati i rimborsi delle ultime aste dei T-bill a tre o sei mesi. Insomma, un circolo vizioso. Insostenibile.

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