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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2011 alle ore 10:25.

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Dalla meccanica il traino per la ripresa delle PmiDalla meccanica il traino per la ripresa delle Pmi

Si vede la luce in fondo al tunnel. L'ultimo balzo dei 101 distretti italiani li avvicina ai dati ante-crisi del 2008, grazie soprattutto all'export del Nord e ai distretti delle macchine di Treviso, Pesaro Urbino e Brescia, dell'alimentare di Parma, della rubinetteria di Omegna e Lumezzane, delle calzature di Casarano e Barletta. In altre parole, i distretti industriali hanno recuperato buona parte del vuoto d'aria che si era creato a cavallo tra il 2008 e il 2009 – totalizzando 63,7 miliardi di esportazioni, in crescita del 12,9% – tuttavia non è scontato che il processo si concluda con il pieno recupero stante l'attuale incertezza dell'economia internazionale.

In dettaglio, la Fondazione Edison ha calcolato che nel quarto trimestre del 2010 la produzione di 101 distretti industriali è arrivata a 17,4 miliardi, circa il 20% in più sull'analogo periodo del 2009. Un dato che si colloca vicino a quello del secondo trimestre del 2008, ma 1,2 miliardi sotto il picco dell'ultimo trimestre del 2007.

Tra i distretti top 20 per crescita nel 2010 ce ne sono otto che fanno capo a meccanica e automazione, sette sono riconducibili al sistema moda abbigliamento e calzature e due della rubinetteria. Molti poli presentano forti incrementi produttivi: dal 23% (la gioielleria di Vicenza) fino al 30, 40 e oltre il 50% (appunto il distretto di Treviso, +57%).

Insomma le aree-sistema hanno ritrovato slancio con una significativa impennata trasversale a tutti i comparti. Non è, infatti, solo la meccanica a ritrovare vigore, ma anche i settori che negli ultimi tempi avevano sofferto di più, come l'abbigliamento-moda, le calzature, la rubinetteria. Nella classifica dei distretti più export oriented, i 32 cluster della meccanica-automazione s'impennano di circa il 17% a 20 miliardi, i 31 dell'abbigliamento-moda del 13,6% a 23,5 miliardi, i 7 distretti dell'hi-tech del 12,8% a 6,6 miliardi (trainati dell'elettronica dell'Etna Valley e della Stm), i 15 dell'alimentare-vini del 7% a 5,8 miliardi e i 16 dell'arredo-casa del 6% a 7,7 miliardi.

«La situazione dei distretti – osserva Marco Fortis, vice presidente della Fondazione Edison – non è molto diversa da quella dell'industria italiana. E sono stati trascinati dalla forza dell'export più che dalla domanda interna che rimane ferma: per esempio, l'edilizia, e tutto ciò che è collegato, non tira e allora le nostre imprese si attaccano a qualsiasi mercato emergente pur di uscire dalla palude della stagnazione».

I rimbalzi della meccanica nelle aree sistema di Treviso (si veda altro servizio in pagina), Pesaro Urbino e Brescia vanno a compensare i repentini crolli del biennio precedente, che avevano raggiunto punte negative del 40, 50 per cento. Il balzo della meccanica automazione è generato dalla ripresa decisa della Germania e, in parte, della Francia. Gli altri paesi europei battono ancora la fiacca, a iniziare dalla Spagna. Ma tanto basta a creare paradossalmente anche un po' di affanno nell'industria italiana stessa che non riesce a ottenere, col timing giusto, tutti i semilavorati di cui avrebbe bisogno.

«I vecchi distretti industriali, tante volte maltrattati e dati per morti – sottolinea il vice presidente della Fondazione Edison – hanno invece ritrovato l'ennesimo scatto di orgoglio. Il discorso vale soprattutto per quelle aree che hanno saputo innovarsi, ad esempio con le reti d'impresa. Attenzione però agli eccessi di ottimismo».

Infatti i distretti saranno pure sul punto di uscire dal tunnel ma all'orizzonte non tutte le nuvole sono scomparse, ci sono ancora troppe incertezze sull'economia: pesa il macigno dei debiti sovrani e la tenuta dell'euro, la febbre del petrolio e l'incognita nucleare, oltre all'effetto destabilizzante del Nord Africa sul Medio Oriente e il rebus del Giappone. La ripresa rimane quindi fortemente condizionata dagli eventi politici e finanziari.

In più oggi, fuori dal Vecchio continente, tirano solo i Bric e gli Usa. «E negli Stati Uniti – conclude Fortis – i consumi sono sostenuti dai fortissimi incentivi pubblici: gli Usa beneficiano di una sorta di effetto doping. Senza non so cosa accadrebbe: forse crescerebbero meno della Spagna».

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