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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2011 alle ore 11:33.

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A Prato ripartono gli ordiniA Prato ripartono gli ordini

Il ritorno dei grandi clienti, catene di distribuzione internazionali e confezionisti italiani di fascia medio-alta, è una di quelle notizie che gli imprenditori di Prato raccontano malvolentieri, quasi a mezza voce. La prudenza è comprensibile, dopo che dal 2000 al 2009 il distretto ha perso 10mila posti di lavoro e nel solo comparto tessile il 43,6% del fatturato, risalito l'anno scorso dell'11,6% a quota 3 miliardi (4,5 miliardi compreso l'abbigliamento), per il 50% realizzati sui mercati esteri.

In questi primi mesi del 2011 è in atto un vero e proprio boom di ordini. «La domanda supera l'offerta», dice Riccardo Marini, presidente dell'Unione industriale pratese. La crescita è a due cifre, con punte che toccano anche il 40% d'incremento. A trainare la ripresa sono tre fattori: lo spostamento del lavoro dei terzisti "made in China", sempre più concentrati sul mercato interno; una tendenza moda favorevole ai prodotti in lana, tradizionale core business di Prato; l'anticipo degli ordini legato ai rialzi del prezzo delle materie prime.

«La clientela sta tornando», conferma Roberto Rosati del lanificio Fortex, 25 dipendenti e 12 milioni di ricavi con una quota export dell'80 per cento. «La Cina è il nostro terzo mercato di sbocco – continua – ma il fenomeno che osserviamo da qualche tempo, legato al forte sviluppo dei consumi nel Paese, è che la filiera terzista dei confezionisti locali comincia a rifiutare gli ordini dall'estero a vantaggio della domanda interna. Questo spostamento del portafoglio clienti – aggiunge – in molti casi si traduce in ritardi nelle consegne all'estero e in una minore attenzione ai servizi».

Il Far East non è più l'Eldorado dove delocalizzare le lavorazioni in conto terzi. Catene distributive come l'inglese Marks&Spencer, le americane Ann Taylor e Banana Repubblic, e marchi come l'italiano Max Mara hanno ripreso la strada di casa. «Si torna a produrre le collezioni in Europa, Turchia compresa», sottolinea Marini. Per Giancarlo Biancalani, amministratore delegato del lanificio Rafanelli, 150 dipendenti e 30 milioni di ricavi (65% export), «i grandi confezionisti hanno capito che la qualità e il servizio sono fattori vincenti, e siccome i produttori cinesi hanno imboccato la strada del mercato domestico, guardano di nuovo all'Europa e in particolare all'Italia per la fascia alta. Il nostro distretto – aggiunge – è favorito anche dalla tendenza moda che sta premiando i tessuti di lana cardata, per capispalla e giacche».

Fuoco di paglia o cambiamento strutturale del mercato? «È presto per dare valutazioni definitive – spiega Rosati –. Noi registriamo aumenti anche del 40% negli ordini, ma in parte si tratta di anticipi del normale ciclo produttivo, legato ai timori di ulteriori rincari del prezzo delle materie prime. Per tirare le somme – dice – bisognerà aspettare la fine della stagione». A giudizio di Biancalani, la cui azienda viaggia a un trend di crescita del 20%, «finalmente Prato intravede una ripresa sostanziale». È ottimista anche Marini: «Credo che quest'anno il distretto crescerà a due cifre, trainato dall'export».

Una sviluppo strutturale, dunque, messo in pericolo solo dalle isterie del mercato delle materie prime. «Ci sono aziende che non riescono a produrre per mancanza di lana», dice il presidente degli industriali. Ma, al netto di queste distorsioni, forse il distretto ha svoltato davvero.

IL DISTRETTO
10mila
Posti di lavoro persi

Dal 2001, il distretto di Prato è entrato in crisi strutturale e ha ridimensionato la propria capacità produttiva nel settore tessile.

7.600
Imprese

Le aziende che operano nel polo manifatturiero della moda rappresentano ancora il 40% dell'intera capacità industriale della provincia.

20%
Crescita degli ordini

Nei primi mesi del 2011 le imprese tessili stanno registrando picchi di crescita anche del 40%, grazie soprattutto all'export., con un aumento medio che viaggia intorno al 20%.

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