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Questo articolo è stato pubblicato il 09 aprile 2011 alle ore 08:15.

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ROMA
Oltre che di risorse la ricerca italiana ha bisogno di governance. Ragion per cui il suo rilancio non può che passare dall'introduzione dei fondi di garanzia pubblico-privati e dal superamento della frammentazione tra ministeri. A sottolinearlo è un'indagine conoscitiva che la commissione Cultura della Camera ha approvato nei giorni scorsi all'unanimità.
Il lavoro svolto a Montecitorio parte da lontano. E cioè dal ciclo di audizioni con istituzioni, imprese ed enti che si è svolto tra il 2009 e il 2010. Tutti gli spunti, le idee, i contributi sono stati messi su carta e offerti al Governo come bussola da seguire nei prossimi mesi. Il documento si sofferma innanzitutto sulle criticità del nostro sistema di finanziamento. A partire dalla «progressiva, e spesso ingiustificata, riduzione e insufficienza delle risorse» e «dalla mancanza di una strategia capace di coinvolgere tutti i potenziali attori, pubblici e privati, a livello nazionale e locale».
A tal proposito il dossier sottolinea come non esista un raccordo tra i vari enti di ricerca e tra questi ultimi e le università oltre che tra gli atenei e le imprese. Evidenziando che la segmentazione di competenze tra i vari dicasteri viene riprodotta su scala regionale all'interno di più assessorati.
Passando dai limiti alle proposte la commissione Cultura suggerisce innanzitutto di incentivare le forme confederative tra enti e scuole di alta formazione e di «superare i vincoli vigenti nell'erogazione dei finanziamenti, che in linea con l'attuale normativa, vengono liquidati successivamente allo svolgimento della ricerca, o in anticipazione per fasi intermedie previa apposita garanzia fidejussoria».
Sul nodo-risorse l'indagine propone, da un lato, di introdurre dei «fondi di garanzia misti, pubblici-privati, nazionali e regionali» in modo da «disincentivare la richiesta di garanzie preventive»; dall'altro, di ripensare «il pacchetto degli strumenti fiscali, agevolativi e incentivanti» e proporre «un insieme coerente di strumenti, finanziari, fiscali e normativi, specifici per gli spin off».
Chissà quanti di questi suggerimenti saranno recepiti dall'Esecutivo. Una prima risposte di sistema è contenuta nel programma nazionale per la ricerca 2010-2013 che è finalmente giunto al traguardo (si veda Il Sole 24 Ore del 24 marzo). Seppur in una versione "light" rispetto alla formulazione originaria, il programma che indica priorità e linee d'azione in tema di ricerca ha ricevuto nelle scorse settimane il via libera del Cipe e il 19 aprile sarà presentato ufficialmente dal ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. Il suo varo ha comportato lo sblocco di 1,8 miliardi di euro che andranno a finanziare i 14 «progetti bandiera» individuati dal Miur. In gran parte si tratterà di risorse già appostate sul fondo per il finanziamento ordinario degli enti di ricerca. Variegati infine i settori di intervento: si va dalla ricerca in campo aerospaziale agli interventi per la fisica e la genetica fino alla tutela dei beni culturali
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