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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2011 alle ore 08:06.

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E poi dicono che gli italiani non vogliono allontanarsi da casa. Stando a un sondaggio condotto da Kelly Services su un campione di 97mila lavoratori internazionali di età compresa tra 18 e 65 anni, alla domanda «quanto lontano saresti disposto a spostarti per trovare il tuo lavoro ideale?», l'89% dei 6mila intervistati italiani si è detto disposto a trasferirsi dalla propria città.

Dobbiamo dunque dedurne di essere alle soglie di un esodo lavorativo di massa? No, tutt'altro. Perché andando a indagare ulteriormente, emergono molti "se" e altrettanti "ma". Prima di tutto c'è la clausola del lavoro ideale, concetto estremamente vago e soggetto a valutazioni personali che possono essere anche del tutto irrealistiche. Se per lavoro ideale dovesse intendersi fare il regista a Hollywood o il calciatore per la squadra del cuore, l'improvvisa disponibilità degli italiani a viaggiare non sorprenderebbe più di tanto.

Anche mantenendo il campo d'indagine nell'ambito delle possibilità più realistiche, gli italiani conservano un concetto di trasferta piuttosto ristretto. Intanto c'è un 11% che non si sposterebbe neanche per il posto di lavoro dei sogni, di cui un 7% di uomini e un 15% di donne. Poi il 56% cambierebbe sì città, ma per restare all'interno dei confini nazionali. L'11% sarebbe disposto ad espatriare, restando però in Europa, mentre il 22% viaggerebbe anche fino a un altro continente.

Sì, viaggiare. Ma non per tutta la vita. Al massimo qualche anno. Il tempo, magari, di fare un bel salto di carriera per poi tornare a godersi l'Italia. Tra gli intervistati disposti a trasferirsi, il 33% non riuscirebbe a restare lontano dal suolo natio per più di un anno. Il 31% tornerebbe nel giro di 1-3 anni. Il 14% si fermerebbe all'estero fino a un massimo di 5 anni, l'8% fino a 10 anni e solo il 15% per più di 10 anni.

«Siamo giunti alla terza edizione annuale della ricerca - commenta Stefano Giorgetti, direttore generale di Kelly Services -. Rispetto a tre anni fa, è aumentata significativamente la disponibilità a trasferirsi per la fascia di lavoratori di alto livello che va tra i 30 e i 47 anni. Oggi, 3 manager su 10 guardano con interesse alla possibilità di trasferirsi all'estero, probabilmente perché molto attenti ai mutamenti internazionali dello scenario economico». Secondo il responsabile, comunque, nella maggior parte dei casi il numero effettivo di lavoratori che effettivamente trasloca per lavoro è inferiore nei fatti rispetto a quanto emerga dai desideri degli intervistati. «Tra gli ostacoli principali a un'eventuale trasferta, il 71% degli intervistati indica i legami affettivi con famiglia e amici; il 9% le barriere linguistiche; l'8% i costi del trasloco e il 4% le differenze culturali. L'italiano medio si conferma molto attaccato alla propria famiglia e alla casa», conclude Giorgetti.

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