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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2011 alle ore 08:05.

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L'Italia alla Ue: pareggio di bilancio nel 2014. Il Governo: «Dalle riforme una spinta al Pil dell'1,6%»L'Italia alla Ue: pareggio di bilancio nel 2014. Il Governo: «Dalle riforme una spinta al Pil dell'1,6%»

ROMA. L'obiettivo di un livello «prossimo al pareggio di bilancio» è per il 2014, «al netto delle condizioni cicliche e delle misure una tantum». Nell'immediato, il «Def» conferma gli obiettivi di deficit previsti dagli ultimi documenti programmatici: 3,9% nel 2011, 2,7% nel 2012, 1,5% nel 2013.

È l'impegno che il Governo assume in sede europea, sostenuto dall'inserimento nella Costituzione del «vincolo della disciplina di bilancio». Si procederà attraverso la manovra correttiva anticipata in giugno, così come è avvenuto dal 2008 in poi, ma il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ribadisce che la gestione dei conti pubblici non è da emergenza, «non vi saranno interventi drammatici». Si opererà dunque attraverso l'aggiornamento delle misure già introdotte con la manovra triennale dello scorso anno, che ha operato una riduzione netta della spesa primaria di circa 42,2 miliardi nel triennio, prevedendo al tempo stesso maggiori entrate nette per 20,1 miliardi. Lavoro di «manutenzione» limitato al 2011 e 2012. Stando alle tabelle contenute nel «Def» e nel contestuale aggiornamento del Programma di stabilità, la manovra cumulata netta sul saldo primario ammonterà nel 2013 all'1,2% del Pil, e al 2,3% del Pil nel 2014. Circa 35 miliardi, dunque nel dato cumulato del biennio, utili appunto a raggiungere l'ambizioso obiettivo del «close to balance».

In sede europea si punta sui «fattori rilevanti», tra cui il livello complessivo dell'indebitamento del settore privato, del resto incorporati nella nuova governance economica, decisivi per rendere "compatibile" un debito pubblico che nel 2011 toccherà quota 120% del Pil, per poi scendere nel 2012 al 119,4% e al 116,9% l'anno successivo fino al 112,8% del 2014. L'intero quadro programmatico poggia su una previsione di incremento del Pil dell'1,1% nell'anno in corso, dell'1,3% nel 2012 e dell'1,5% nel 2013. Uno scenario che - si legge nel documento - sconta le incertezze che insistono sul contesto geopolitico globale. L'avanzo primario (il saldo di bilancio al netto degli interessi) è indicato allo 0,9% del Pil, al 2,4% nello 2012 e al 2,7% nel 2013, mentre la pressione fiscale, stante il livello del debito pubblico, non subirà sostanziali modifiche: 42,5% del Pil quest'anno, 42,7% nel 2012, 42,6% nel 2013. Per la spesa per interessi, si prevede il 4,8% del Pil nel 2011, il 5,1% nel 2012, il 5,4% nel 2013.

Al rigore non vi è alternativa, come ammette lo stesso Tremonti. La rigorosa valutazione dei «fattori rilevanti» non va «in alcun modo interpretata come il mezzo per attenuare gli obblighi europei per la riduzione del debito pubblico, quali derivano da una meccanica regola numerica». Le prossime manovre di finanza pubblica saranno «orientate a ridurre la spesa primaria, senza tuttavia sacrificare la spesa necessaria a favorire la crescita». Si prospettano a regime ulteriori interventi sulla spesa per «oltre quattro punti di Pil».

Intanto è record per il debito pubblico. La vita media ponderata dei titoli di Stato, che ha registrato nel 2010 un incremento rispetto all'anno precedente, è stata pari a 86,43 mesi «toccando un massimo storico»: è quanto rileva il Def. Il dato è importante e positivo per la gestione del debito pubblico, nel contesto della crisi del debito sovrano europeo: gli investitori misurano la vita media dei titoli di Stato, nel confronto tra Stati. I BTp rappresentano quasi il 60% sul totale della consistenza del debito (contro il 51% del 2007) e questo attenua il roll-over, riduce l'entità dei titoli in scadenza annualmente. Vita media e durata finanziaria (con pagamento delle cedole) misurano l'esposizione del debito al rischio di rialzo dei tassi: tanto più lunga è la vita media, tanto più diluito nel tempo è l'impatto dovuto ad aumenti di tassi e rendimenti. La spesa per gli interessi sul debito è però destinata a salire parecchio passando dai 70,1 miliardi del 2010 (in calo rispetto ai circa 80 del 2008) a oltre 97 miliardi nel 2014. Nel 2011, gli interessi passivi sono stati stimati a quota 73,459 miliardi: «il gravame rispetto all'esercizio 2010 è legato sia ai maggiori interessi sui titoli del debito pubblico che ai previsti maggiori pagamenti sugli interessi dei buoni postali fruttiferi», si legge nell'analisi. (I.B. / D.Pes.)

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