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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2011 alle ore 09:21.

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«Così è saltata la mia cordata»«Così è saltata la mia cordata»

«Vorrei ritornare a vedere famoso questo marchio, che ha reso famoso anche me». Giacomo Agostini, 69 anni a giugno, a buon diritto può essere considerato il più grande campione di motociclismo di tutti i tempi. Il palmarès non lascia spazio a dubbi: 123 gran premi vinti, quindici mondiali, nelle classi 300 e 500 e diciotto titoli italiani. Un pezzo di questa storia è inziato proprio con l'azienda motoristica di Casalecchio con cui Agostini ha corso dal '61 al 64. «Ho iniziato con una moto Morini comprata a rate, per 3mila lire al mese». L'inizio è stato con una Morini "Settebello". Poi, dopo i primi successi, l'avvicinamento del patron, Alfonso Morini, e l'ascesa ai successi conquistati in seguito anche con la Mv e la Yamaha.

L'asta per acquisire la Moto Morini ieri è andata deserta.
E questo mi dispiace molto. Ho un legame affettivo molto forte e infatti con un gruppo di amici abbiamo anche verificato la possibilità di subentrare.

Avete quindi presentato un'offerta?
Sì, abbiamo provato a fare un'offerta ben prima dell'asta, che però non è stata accettata e quindi ci siamo tirati indietro. È strano che si sia arrivati a questo epilogo e che non si sia fatto avanti nessuno. È un marchio storico ed è un vero peccato vederlo buttato via così. Il tempo passa e le giovani generazioni perdono anche la memoria di realtà costruite con sacrifici, spese, investimenti. Il commendator Morini era uno che aveva l'occhio lungo ed era una persona assolutamente perbene.

Quanto è andata avanti la trattativa?
Più o meno quattro o cinque mesi. Ripeto: l'offerta poi non è stata accettata e questo ci ha portato a fare un passo indietro. Ma confesso che mi sarebbe piaciuto poter dare il mio contributo.

Con una quota oppure solo come uomo immagine?
No, mi sarei impegnato fattivamente. Mi sarebbe piaciuto "guidare" la situazione. Un marchio così merita attenzione e competenze. Una parte finanziaria adeguata, ma anche una parte tecnica all'altezza. Avremmo cercato di tenere insieme le due esigenze. Che poi è la traiettoria futura che le case più piccole devono necessariamente seguire per poter competere con i giganti giapponesi.

Ma secondo lei perché alla fine si sta arrivando sempre più spesso a queste situazioni critiche nel settore?
Proprio per questo. La parte finanziaria e la parte tecnica spesso non vanno di pari passo. Solo con qualità, competenze e idee innovative però si può arrivare ai risultati.

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