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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2011 alle ore 09:14.

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La Moto Morini resta senza benzina. L'asta va desertaLa Moto Morini resta senza benzina. L'asta va deserta

Asta deserta e tutto da rifare. Non c'è stata nessuna offerta d'acquisto per la Moto Morini, storica azienda di Casalecchio, alle porte di Bologna.

Come in un gioco dell'oca si torna al punto di partenza e cioè al tavolo del curatore fallimentare, Piero Aicardi, che ha in mano le sorti dell'azienda fallita il 18 maggio 2010. Il prezzo d'asta era di 5,5 milioni, stabilimento compreso, o di 2,6 milioni (solo l'azienda ma con la sede in comodato d'uso per due anni). «Ne prendiamo atto – ha detto Aicardi al termine dell'udienza – anche se mi aspettavo che qualche offerta arrivasse». Tre i gruppi interessati, ha precisato il curatore fallimentare, «due stranieri e uno italiano. Mi hanno detto che non è stata una questione di prezzo, ma che sono arrivati lunghi con i tempi e con gli adempimenti». I quali prevedevano il versamento di un 20% della base d'asta. Ora ci sarà un lasso di tempo a disposizione degli interessati per riprendere i contatti e formulare un'offerta prima di una nuova asta che, con ogni probabilità, partirà da un prezzo più basso. «Comunque – ha spiegato Aicardi – prima dell'estate qualcosa dovremo fare».

Il tempo in effetti stinge: l'azienda – che durante l'esercizio provvisorio ha venduto a prezzi ribassati 45 nuove moto registrando «incassi netti per 2 milioni di euro, che ci premetteranno di pagare i crediti a tutti i lavoratori» – al momento è ferma, con i lavoratori (38, soprattutto donne) in mobilità. «I presupposti perché l'asta andasse a vuoto – ha commentato Cristina Pattarozzi, della Fiom Cgil – c'erano tutti. Un prezzo simile mi sembra troppo alto». Perplessità espresse anche da Tancredi Razzano, numero uno della piemontese Icp che guardava alla Morini per progettare motori per l'aviazione civile. Nei mesi scorsi si era fatto avanti. «Ma secondo me – ha detto – un prezzo adeguato non supera i 500mila euro».

Ben di più erano quelli offerti dalla Nuova Garelli di Paolo Berlusconi per l'acquisizione del solo ramo d'azienda per 3,2 milioni. L'accordo con i sindacati non è arrivato e così la Moto Morini è andata verso il fallimento chiudendo una storia passata attraverso Cagiva, Ducati e ritornata alla famiglia Morini nel 1999, per arrivare a fatturare 12 milioni del 2006.

La crisi della casa del «Corsaro» è però la punta dell'iceberg di un settore che negli ultimi tempi ha lanciato più di un Sos. Tutta l'industria nazionale delle due ruote ha pagato la crisi (-24,2% di immatricolazioni nel solo 2010) e il polo bolognese, soprattutto la componentistica, ha subito forte il contraccolpo. La Fiom ha lanciato l'allarme su 6mila posti a rischio, per possibili chiusure o delocalizzazioni, la metà dei dipendenti dell'intera filiera allargata all'indotto. La Regione è quindi corsa ai ripari convocando un tavolo di settore che si è riunito due volte da metà marzo e che ha provato a dare una forma numerica al grande malato a due ruote. Al 2009, secondo le elaborazioni su dati Aida risultavano presenti in tutta l'Emilia-Romagna 40 società di capitali del settore motociclo con un fatturato superiore al milione di euro. Dopo tre anni di crescita il 2009 ha catapultato i ricavi a 558 milioni complessivi: -25,5% rispetto al 2008. E il 2010, ancora non disponibile, secondo i sindacati può aver spostato l'asticella in basso di almeno un altro 10 per cento. «Quanto è avvenuto alla Moto Morini – dice l'assessore regionale alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli – ci conferma della bontà della scelta di avviare il tavolo destinato a dare una prospettiva al "distretto delle due ruote" che per l'Emilia-Romagna ha rivestito, e riveste, un ruolo fondamentale».

Certo, del distretto fa parte anche la Ducati che ha chiuso il 2010 con ricavi cresciuti del 9% a 392 milioni e attesi in crescita del 10% anche nel 2011. Tante altre realtà stanno però arrancando e in questi giorni arriveranno altri verdetti. Domani il tribunale di Bologna deciderà sull'istanza di fallimento della Verlicchi, azienda fornitrice di telai per Ducati, Bmw e Harley Davidson di recente ceduta alla newco Jbf di Pontedera. Il quadro non è felice neanche per un altro pezzo di storia: la Malaguti, produttrice di scooter fondata più di ottant'anni fa (fatturato a 47 milioni e 3,5 di perdita nel 2009), è alla ricerca di un partner «e ha annunciato - spiega Giuliana Righi della Fiom – che altrimenti cesserà l'attività al termine della cassa integrazione straordinaria, a fine ottobre. Peraltro, dalla prossima settimana si andrà in cassa integrazione a zero ore».

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