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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2011 alle ore 18:19.

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CAMBRIDGE – Gli esperti finanziari hanno paragonato il terremoto, lo tsunami e la catastrofe nucleare del Giappone al ruolo dei derivati nel tracollo finanziario del 2008. Le somiglianze sono abbastanza evidenti, in quanto ogni attività presenta enormi benefici ma con un lieve margine di rischio esplosivo. Tuttavia il paragone tra le due tipologie di crisi viene meno rispetto al piano di prevenzione per contrastare un’eventuale ricomparsa dei disastri verificatisi.

Nel caso dell’impianto nucleare di Fukushima, un’inondazione che si verifica ogni 1000 anni e innocui difetti di progettazione routinari hanno causato la mancata circolazione dell’acqua di raffreddamento nei reattori, portando a serie perdite radioattive. Nei mercati finanziari, un collasso inaspettato dei titoli immobiliari ed errori di valutazione dei derivati e dei mercati repo hanno minato la capacità di rispettare gli obblighi di pagamento da parte dei principali istituti finanziari.

Se da un lato i rischi principali sono derivati, in entrambi i casi, da fattori esterni al sistema (lo tsunami nel caso di Fukushima e sovrainvestimenti nei mutui immobiliari nel caso degli istituti finanziari), una combinazione di errori di pianificazione e sfortuna hanno fatto sì che i sistemi non fossero in grado di contenere i danni. Negli Stati Uniti, l’AIG, la Bear Stearns e la Lehman Brothers, che hanno derivati e/o investimenti repo ingenti, sono fallite congelando in modo preoccupante i mercati del credito per diverse settimane.

Mentre ora comprendiamo bene i rischi ed i difetti di progettazione che hanno portato alla catastrofe di Fukushima, non abbiamo, invece, ancora capito i rischi legati ai derivati che hanno messo in pericolo l’economia globale. Nel caso di Fukushima, gli operatori del settore stanno coraggiosamente tentando di fermare la fuoriuscita delle radiazioni. Per contro, nel caso dei derivati, i tentativi di soluzione della crisi sono mal direzionati e non riusciranno a bloccare un eventuale prossimo crollo finanziario. Gli esperti del settore stanno infatti ricostruendo i derivati e le strutture finanziarie correlate con le stesse modalità e, conseguentemente, con lo stesso rischio di difetti.

Gli operatori del settore finanziario usano i derivati per trasferire i rischi. Può, ad esempio, succedere che un operatore decida di correre il rischio legato alla fluttuazione dell’euro, ma che non voglia assumersi lo stesso rischio per lo yen, e che un altro operatore decida di fare esattamente il contrario. Con queste operazioni il primo promette di restituire un profitto in euro entro il prossimo 1 giugno, mentre il secondo in yen. Se una delle due valute si trova in ribasso rispetto all’altra, chi perde si trova a pagare la differenza.

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