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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2011 alle ore 08:16.

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Piastrelle, shock materie prime (Imagoecnomica)Piastrelle, shock materie prime (Imagoecnomica)

Arrivano dall'Australia e dalla Turchia le minacce all'industria delle piastrelle che a fine anno, di questo passo, rischierebbe un salasso da 50 milioni, nel computo totale delle materie prime. Due i principali imputati: lo zirconio e il feldspato, materie prime alla base della composizione delle piastrelle di ceramica. Il primo - importato soprattutto da Australia e Sudafrica e utilizzato come materiale "sbiancante" - è addirittura raddoppiato in un anno, salendo attorno ai 1.700 euro per tonnellata.

Ma è in particolare sul feldspato che si concentrano i timori, visto che incide per circa il 40% nella produzione, a fronte di un 4% circa per lo zirconio. Per il feldspato - usato come sostanza "fondente", estratto in Turchia, ma anche in Sardegna, Piemonte o Toscana - le aziende del settore ceramico quantificano un aumento di circa il 15% dei prezzi, in un range dai 35-40 euro a tonnellata fino agli 80 euro, a seconda della "purezza".

«In generale, l'aumento del costo delle materie prime e dei trasporti rischia di vanificare la ripresa che sta interessando il settore», afferma Franco Manfredini, presidente di Confindustria Ceramica. I conti sono presto fatti. L'aumento del costo delle materie prime è stimato dalle aziende nell'ordine del 25 per cento. Come attestato nei vari report annuali dell'associazione, i costi di materie prime (un terzo del totale) e trasporto (due terzi) sono quantificabili in 600 milioni per l'intera industria italiana, che concentra nel distretto di Sassuolo l'80% della produzione, e che riceverebbe così una "bolletta" appesantita per 50 milioni. Dal solo feldspato l'aggravio è quantificabile in circa 15 milioni. Cifre che avranno un impatto sulla marginalità delle imprese, che sta mostrando alcuni segnali di ripresa, in un settore che, secondo le prime stime di Confindustria Ceramica, nel 2010 avrebbe recuperato 200 milioni di ricavi, saliti a circa 4,7 miliardi (dopo il -18% del 2009).

«I nostri tecnici - precisa Manfredini - stanno cercando alternative nella composizione del prodotto. Sta di fatto che, per il feldspato, si tratta di un componente essenziale. Sullo zirconio c'è maggiore possibilità di sostituzione, ma solo con feldspati che costano di più». Insomma, un cane che si morde la coda, anche se un primo effetto sostituzione sembra visibile nel calo registrato nel primo bimestre dell'anno (-30mila tonnellate) di feldspato arrivato al porto di Ravenna. Venirne a capo è comunque complicato anche per il peso della componente "energetica" sia in fase di estrazione sia di lavorazione. Per non parlare del prezzo del petrolio che incide sui trasporti.

A ogni modo - come affermano dal Gruppo Minerali Maffei, società impegnata nell'estrazione del feldspato in Italia - «il problema sta principalmente nel prodotto importato, che ha subito un aumento anche dovuto all'aggravio dei costi nei trasporti. Il prodotto italiano è aumentato al massimo del 4 per cento, trasporto compreso». Distinzione non da poco visto che il feldspato turco è il più utilizzato dall'industria ceramica italiana e copre due fasce: quella media (con il feldspato standard) salita anche del 25%, e quella più alta, salita nell'ordine del 10 per cento. Il prezzo però, precisano sempre dal Gruppo Minerali Maffei, «è al momento pari a quello di due anni fa. L'anno scorso le quotazioni del feldspato turco erano scese di molto, a causa della minor richiesta. Ora la ripresa ha portato a una risalita del prezzo». In questo quadro, secondo il gruppo multinazionale Colorobbia, un possibile calmiere potrebbe derivare «da una diversa logica di progettazione dell'impasto, utilizzando più feldspato nazionale».

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