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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2011 alle ore 06:41.

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ROMA
Un po' di aiuto, né troppo né troppo poco. Per traghettarci verso un'energia solare che si alimenterà (in senso economico e industriale) da sé. Mentre il Governo vara con non poche fatiche il nuovo decreto che ricalibra gli incentivi per il fotovoltaico, le ultime diagnosi degli esperti parlano chiaro: la cosiddetta "grid parity", ovvero la convenienza economica dell'energia fotovoltaica anche senza incentivi, è più vicina di quanto si crede. Questione di mesi, secondo alcuni analisti. Questione (più verosimile) di cinque o sei anni, secondo altri. In ogni caso siamo ad un passo o poco più. «Se in Germania i grandi impianti fotovoltaici possono ormai generare elettricità a circa 15 centesimi di euro a chilowattora, allo stesso livello dell'eolico off-shore, in Italia meridionale potremmo essere già a 12 centesimi a chilowattora» ha appena dichiarato Michael Schmela, direttore della quotatissima rivista specializzata Photon International, che ha appena partorito un rapporto dal titolo significativo: "L'anno della tigre". L'anno è il 2011, la tigre è il miscuglio di silicio e circuiti elettronici dei pannelli di nuova generazione, che già traguardano la meta. In molte zone del pianeta, anche quelle industrializzate e dunque super-voraci di energia (parte degli Stati Uniti e Italia del Sud, ad esempio) la grid parity, secondo Schmela, è ad un soffio. Va detto che tra gli analisti c'è chi invita a una maggior cautela. Nella corsa alla competitività assoluta – avverte Giovanni Simoni, presidente dell'associazione Grid Parity Proyect in uno studio fresco di stampa – gioca davvero molto la posizione geografica, con un sud Italia che può contare su un vantaggio considerevole, con una necessità di incentivi praticamente dimezzata rispetto al nord del paese. E poi la Grid Parity dipende – osserva Simoni – da un'infinità di fattori economico finanziari ma anche tecnologici e industriali: l'efficienza e l'estensione delle reti di connessione, la presenza di una solida industria nazionale di tutti gli apparati necessari. Ecco perché ancora oggi non è possibile definire con buona precisione – ammonisce Simoni – «la data del raggiungimento della grid parity senza una seria programmazione di una politica di sostegno anche all'innovazione tecnologica, senza la quale tutto il mondo si avvicinerà magari alla meta ma la cosiddetta filiera italiana rischierà di essere tagliata fuori dal futuro mercato». Esortazioni e moniti, dunque, nei messaggi degli analisti. Primo messaggio: per agguantare la grid parity e il suo accattivante scenario occorre continuare ad investire, molto. È necessario. Conviene. Anche se con l'obbligo di calibrare bene gli oneri (comunque ingenti) che vengono trasferiti sulle bollette di tutti i consumatori di energia. Con buona pace degli oltranzisti che si fronteggiano da opposte barricate. Certamente sbaglia chi si oppone a una revisione degli incentivi stellari che l'Italia ha dedicato al settore negli scorsi anni: se si investe troppo, come si è fatto ultimamente, si droga oltremisura il mercato e si pesa troppo sulle nostre già carissime bollette elettriche. Se si investe poco si lascerà alle altre industrie mondiali il primato della tecnologia e quindi della filiera industriale. Ecco allora il messaggio, che per noi è un monito, che viene dal rapporto Photon. I dati del 2010 confermano il decollo dei produttori asiatici di celle solari con una quota cinese del mercato mondiale che ha raggiunto il 47,8% rispetto al 38,1% dei 2009. In Europa la supremazia della Germania rimane, ma anche lei paga l'attivismo asiatico passando dal 15,4 9,8 per cento. Il resto del Vecchio Continente flette da un non certo soddisfacente 4,4% al 3,3. Ed ecco il caldo suggerimento per chi sta governando il sistema dei nostri incentivi: vale la pena di modulare le politiche del settore per incentivare le installazioni ma anche, con la necessaria visione prospettica, lo sviluppo di un'industria italiana degli apparati. Non solo quelli di controllo, nei quali siamo già abbastanza ferrati, ma anche nei pannelli, che qui da noi soffrono dell'egemonia asiatica.
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