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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2011 alle ore 09:56.
A Milano c'è Axxam, nata come spin-off del gruppo Bayer, che lavora per sé e per gli altri, fornendo servizi di ricerca ma puntando anche allo sviluppo proprietario di nuove molecole. E c'è Molmed, azienda tutta italiana, con due prodotti in sviluppo clinico avanzato, quotata alla Borsa di Milano.
A Pisa c'è Abiogen Pharma, che tra i più recenti successi vanta la designazione di medicinale orfano per una terapia destinata al trattamento del carcinoma ovarico. E c'è Philogen, azienda biotecnologica italo-svizzera che vanta collaborazioni con grandi multinazionali. E ancora: a Bologna c'è Silicon Byosistems, che punta tra l'altro sulla progettazione di sistemi biomedicali; a Roma Okairos, che lavora sui vaccini innovativi per l'epatite C e a Siena la piccola Externautics, che fa progetti di rilievo nel settore dei marker oncologici.
Sono solo alcuni esempi di successo raccolti tra le aziende che parlano l'idioma delle biotecnologie e che registrato ancora una volta un bilancio a tutta crescita: più imprese, più investimenti, più fatturato. E un "tesoretto" di 237 prodotti per uso terapeutico in via di sviluppo.
A tracciare l'identikit aggiornato del comparto è il Rapporto "BioinItaly 2011", realizzato da Assobiotec-Ernst&Young in collaborazione con Farmindustria e Istituto per il commercio estero-Ice, presentato ieri a Roma. I dati non lasciano dubbi sulla vitalità del settore: le 375 imprese biotecnologiche censite (di cui 221 "pure biotech") che affermano l'Italia come terzo Paese in Europa dopo Germania (403) e Regno Unito (275) per numero di imprese dedicate e come Paese a maggior crescita nel 2010 (+2,8%).
Il fatturato si attesta a 7,4 miliardi di euro (dato 2009, +6% sul 2008), gli investimenti in ricerca a 1,76 miliardi di euro (+2,5% ). E in entrambi i casi risulta determinate il ruolo delle imprese del farmaco che concentrano rispettivamente l'84% e il 70% delle due voci.
«Le imprese biotech sono riuscite a rispondere alla crisi internazionale in modo efficace, dimostrando di operare in termini di estrema flessibilità ed efficienza, pur in assenza di specifici incentivi alla ricerca e all'innovazione, diventando una solida realtà industriale in tutti i campi di applicazione», ha sottolineato il presidente Assobiotec, Alessandro Sidoli. «Il potenziale è ancora notevole, ma servono ora rigorosi interventi economici, finanziari e fiscali, oltre che misure mirate ad attrarre i capitali indispensabili a sostenere gli elevati investimenti tipici del modello di business del biotech».
I dati di dettaglio confermano il ruolo trainante delle "red biotech", che operano nel settore della salute umana: sono 246, esprimono il 96% del fatturato di settore, contano un totale di 1.687 addetti alla ricerca e vantano 305 prodotti complessivamente in sviluppo nei giovanissimi forzieri del comparto. Le criticità spuntano ancora una volta al capitolo dei finanziamenti: le biotech italiane hanno registrato un incremento del 27% dei volumi raccolti da investimenti da venture capital, private equity e Ipo, ma il ricorso ai grant ha ingranato la retromarcia, passato dal 62% del 2008 al 50% del 2009, soprattutto per la diminuzione (-7%) dei fondi pubblici stanziati per la ricerca a livello nazionale.
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