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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2011 alle ore 09:40.

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Un negoziato già aperto con Bruxelles e uno ancora da avviare. Per il via libera della Commissione europea alla copertura del credito d'imposta per l'occupazione al Sud con i fondi europei l'Italia si è già mossa, ma la risposta arriverà solo nel giro di un paio di settimane.

Nel frattempo il nostro Paese dovrà spiegare perché l'attribuzione di un diritto di superficie ai privati per 90 anni non viola la direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi che ci è già costata l'apertura di una procedura d'infrazione.
Sul credito d'imposta, già da alcuni mesi il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto, titolare del coordinamento delle risorse speciali per il Mezzogiorno, ha allacciato un fitto scambio diplomatico con il commissario europeo alle Politiche regionali Johannes Hahn. Pochi giorni prima dell'approvazione del decreto sviluppo è partita anche una lettera ufficiale, nel tentativo di smussare posizioni che in una prima fase erano apparse di netta chiusura. Ieri tuttavia da Bruxelles è prevalsa la cautela, in attesa di studiare nel dettaglio la norma ed eventuali relazioni tecniche. «In questo momento – spiega van Lierop – il commissario Hahn non può esprimere un giudizio definitivo. Ci sono approfondimenti tecnici in corso ed è difficile dire quanto dureranno». Di certo, ribadisce il portavoce del commissario, l'utilizzo dei fondi europei per il bonus ricerca sarebbe più congeniale all'impianto generale della politica di coesione. Sull'utilizzo delle risorse Ue per un credito d'imposta finalizzato a nuove assunzioni bisogna invece studiare più a fondo.

La misura inserita nel decreto sviluppo approvato giovedì a Palazzo Chigi prevede come copertura le risorse (sia quelle comunitarie sia il cofinanziamento nazionale) del Fondo sociale europeo e del Fondo europeo di sviluppo regionale destinate al finanziamento dei programmi operativi, regionali e nazionali. In caso di bocciatura, il Governo virerebbe sul Fas. La norma comunque è stata scritta dai tecnici dell'Esecutivo con l'obiettivo di rispettare il Regolamento Ce 800/2008 che definisce le categorie di aiuti compatibili con il mercato comune. Ad esempio inserendo un riferimento ai lavoratori definiti dalla Commissione «molto svantaggiati» e citando espressamente i cronici ritardi nella spesa dei fondi Ue al Sud che lo stesso Hahn ha più volte stigmatizzato.

In un primo momento, i tecnici della Ue temevano che si configurasse un'agevolazione a carattere generalista – come il credito d'imposta per gli investimenti – mentre l'associazione del bonus a un preciso obiettivo di incremento occupazionale renderebbe la misura di fatto «finalizzata». Vanno però risolti altri aspetti sui quali informalmente la Commissione ha già espresso preoccupazione. Le procedure di concessione, che passano da dichiarazione dei redditi e Agenzia delle entrate, devono essere rese compatibili con le procedure dei Programmi operativi già in vigore. In particolare, bisognerà rendere quanto più possibile omogenee le procedure di controllo in modo che, sulla concessione dei crediti di imposta, ci sia certezza dell'effettivo utilizzo del bonus per gli scopi prefissati. Come vengono spese le risorse e se producono nuovi occupati: è questo il punto su cui la Ue vuole più chiarezza.

Ma Bruxelles è perplessa anche sull'articolo 3 del Dl che supera il sistema attuale delle concessioni balneari (contratto di sei anni rinnovabile automaticamente per altri sei) – che ha provocato l'apertura di una procedura d'infrazione per violazione della direttiva servizi del 2006, ndr – con un diritto di superficie sulle coste di 90 anni. Nel sottolineare di non aver ricevuto alcuna notifica dall'Italia, Chantal Hughes, portavoce del commissario francese al mercato interno Michel Barnier, commenta: «Se i rapporti letti sulla stampa sono corretti e confermati, saremmo molto sorpresi perché non sarebbe ciò che ci aspettavamo». Precisando di aspettare «chiarimenti da parte delle autorità italiane». In difesa della norma interviene il titolare dello Sviluppo economico, Paolo Romani, che invita l'Ue a «tenere conto della diversità dei Paesi europei» visto che «in Italia ci sono 25mila aziende balneari capaci di garantire posti di lavoro e di offrire ai turisti la qualità che questo tipo di aziende assicura».

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