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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2011 alle ore 08:14.

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Traino Brics per i trattori (Fotogramma)Traino Brics per i trattori (Fotogramma)

BOLOGNA - Non c'è l'illusione di poter chiudere l'anno con lo stesso ritmo di vendite del primo trimestre 2011 (+22%), ma c'è la certezza che la scintilla della ripresa sia scoccata.

Per i 3mila costruttori italiani di macchine agricole – settore in cui siamo tuttora leader mondiali per varietà di gamma – restano un miraggio gli 8,2 miliardi di business del 2008, ma i segnali di recupero si moltiplicano: nel 2010 l'emorragia nei conti si è fermata, con un recupero di oltre 2 punti percentuali sul 2009 a 6,4 miliardi di euro di fatturato, nonostante i dati sulle immatricolazioni interne ancora in flessione (-14%).

E, soprattutto, è tornata a correre la domanda dai mercati esteri, da cui dipende il 70% della produzione italiana (+9,5% l'export l'anno scorso, ma +31% a gennaio 2011). Se fino a ieri, però, erano Europa e Usa le piazze di riferimento del settore, oggi la bussola è girata completamente verso i Brics. «La crisi ha stravolto gli equilibri – spiega Massimo Goldoni, presidente Unacoma, l'Unione nazionale costruttori macchine agricole aderente a Confindustria, 300 associati che rappresentano il 95% dei volumi italiani e quasi la totalità dei 100mila addetti – e l'India è oggi il primo mercato mondiale, con 400mila nuove trattrici vendute nel 2010, quasi interamente prodotte lì, più di quelle commercializzate tra Stati Uniti ed Europa messi insieme».

I big del settore non sono stati a guardare. New Holland Agriculture – il numero uno al mondo per gamma di macchine e innovazione (è suo il primo trattore a idrogeno) che controlla in Italia quasi un quarto del mercato – ha siglato in Russia, dove la domanda è esplosa del 71% a inizio 2011, un'alleanza con la società leader Kamaz. «Mentre in India la nostra fabbrica, che già produce 35mila macchine l'anno – afferma Franco Fusignani, presidente e ceo del marchio di Cnh, gruppo Fiat Industrial, stabilimenti in 22 paesi tra cui Brasile, Turchia, Cina, tutti ad altissimo potenziale – è pronta a raddoppiare la propria capacità in due anni. In Argentina, invece, investiremo 100 milioni di dollari per un nuovo sito produttivo». Lo scacchiere cambia, ma lo sbocco principale per le macchine hi-tech italiane resta il mercato occidentale. Ecco perché la fiammata del +22% di immatricolazioni nazionali di trattori (che sale al +45% in Germania) è un segnale importante.

«Anche se in Italia il dato è distorto dall'effetto incentivi alla rottamazione (78,7 milioni di euro per 14mila domande, ndr) e dal rush di fine anno dei Piani di sviluppo rurale, per non restituire all'Ue i fondi non spesi», avverte il presidente Unacoma, che da qui a fine anno si aspetta un assestamento della crescita attorno al 10 per cento. Al decreto rottamazione va comunque riconosciuto il merito di aver rimesso in moto gli investimenti di un'agricoltura italiana agli ultimi posti per arretratezza del parco macchine (ci sono 1,9 milioni di trattrici al lavoro nei nostri campi con un'età media superiore ai 20 anni e un tasso di ricambio inferiore all'1,3% l'anno) e rimasta incagliata nella morsa del credito: nessun agricoltore compra infatti macchinari che costano dai 30 ai 200mila euro in contanti.

La spinta si legge nel forte recupero dei conti 2011 di altri due protagonisti della meccanica agricola, la reggiana Argo Tractors, che con i marchi Landini, McCormick e Valpadana è seconda in Italia per vendite solo a New Holland, e il gruppo bergamasco Same Deutz-Fahr. Se per entrambi l'Europa resta il bacino di riferimento, a trainare la crescita sono invece «Centro e Sud America, dove abbiamo una joint venture in Brasile, il Sud Africa, dove siamo leader, e tutta la fascia nordafricana, nonostante l'attuale stallo legato alle vicende politiche», precisa Ruggero Cavatorta, responsabile marketing di Argo Tractors, 1.600 dipendenti e 24mila trattori al 100% made in Italy. Same Deutz-Fahr produce in India dal 1996 con uno stabilimento di 500 dipendenti (sui 2.500 totali), presidia da 5 anni la Russia ed è pronta a debuttare in Cina. Lo sviluppo dei mercati extra-Ue, che oggi pesano per il 20% sul consolidato (stabile a 880 milioni nel 2010, ma in ascesa del 20% a marzo scorso) «è una delle due leve strategiche di sviluppo – conclude l'ad Lodovico Bussolati – mentre l'altra leva è l'innovazione costante: investiamo in R&S il 2,5% del fatturato e abbiamo a Treviglio un centro ricerche di 200 persone».
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