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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2011 alle ore 17:06.

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Una cosa è sostenere l’applicazione di limiti esterni che sottolineino la qualità delle considerazioni fatte a livello democratico evitando, ad esempio, scadenze a breve termine o pretendendo trasparenza, altra cosa è sovvertire la democrazia privilegiando interessi specifici a dispetto di altri.

Sappiamo, ad esempio, che i requisiti globali del capitale individuati dal Comitato di Basilea rispecchiano ampiamente l’influenza della banche più importanti. Se fossero gli economisti e gli esperti finanziari a dover dettare le regole, i limiti sarebbero molto più severi. D’altro canto se le regole fossero lasciate in balia dei procedimenti politici interni, ci potrebbe essere una pressione contrastante da parte degli attori coinvolti in contrasto tra di loro (sebbene gli interessi finanziari siano molto forti anche a livello nazionale).

Nonostante la retorica, molti degli accordi siglati dall’Organizzazione Mondiale per il Commercio non sono il risultato del perseguimento del benessere economico globale, bensì del potere di lobbying delle multinazionali in cerca di opportunità per ottenere profitto. Le regole internazionali sui brevetti e sul copyright rispecchiano l’abilità delle aziende farmaceutiche e di Hollywood, per dare due esempi, di averla vinta. Queste regole sono state fortemente denigrate dagli economisti in quanto hanno imposto una serie di limiti inibendo la possibilità delle economie in via di sviluppo di avere accesso ad opportunità a basso costo in campo farmaceutico e tecnologico.

Pertanto, la scelta tra la cautela democratica interna ed i limiti imposti dall’esterno non è sempre tra politiche positive o negative. Anche quando il sistema politico interno non funziona bene, non c’è alcuna garanzia che le istituzioni globali funzionino meglio. Spesso la scelta è tra cedere ai rent-seeking nazionali o stranieri. Nel primo caso almeno l’affitto rimane in casa!

Sostanzialmente, la questione riguarda chi dobbiamo investire della responsabilità di scrivere le regole che il mercato richiede. La realtà inevitabile della nostra economia globale è che il luogo principale in cui risiede la responsabilità legittima democratica è ancora lo stato nazionale. Pertanto porgo prontamente le mie scuse rispetto alla critica mossa dall’economista che ha commentato il mio libro. In effetti è vero che voglio rendere il mondo più sicuro per i politici democratici e, sinceramente, ho seri dubbi nei confronti di chi non vuole farlo.

Dani Rodrik è professore di economia politica alla John F. Kennedy School of Government dell’Università di Harvard e autore di The Globalization Paradox: Democracy and the Future of the World Economy (Il paradosso della globalizzazione: la democrazia ed il future dell’economia mondiale).

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.orgPodcast in inglese a quest’indirizzo: Traduzione di Marzia Pecorari

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