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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2011 alle ore 08:15.


MILANO
Contrordine ragazzi. La lampada Arco dei fratelli Castiglioni, le poltrone di Le Corbusier, la Panton chair si possono replicare, impunemente, all'infinito.
Con buona pace dei legittimi titolari dei diritti di produzione e commercializzazione (Flos, Cassina, Vitra) a fronte di royalties versate agli eredi dei grandi designer.
Una sonora sberla alla faccia della creatività. Un colpo di coda dopo tre lustri di battaglie a difesa del design di alto livello. Una porcata giuridica. Le reazioni del mondo delle aziende non risparmiano i toni all'indomani del varo inaspettato del colpo di spugna alla tutela del diritto d'autore. È arrivato il giorno dopo l'inserimento del comma dieci dell'articolo 8 del decreto sviluppo che sostituisce la nuova formula della legge di riforma del diritto della proprietà industriale varata nell'agosto scorso, in particolare aprendo una deroga per i terzi che avevano fabbricato o commercializzato, nei dodici mesi anteriori al 19 aprile 2001, prodotti realizzati in conformità con le opere del disegno industriale allora divenute di pubblico dominio a seguito della scadenza degli effetti della registrazione.
Ebbene, costoro «non rispondono della violazione del diritto d'autore compiuta proseguendo questa attività anche dopo tale data, limitatamente ai prodotti da essi fabbricati o acquistati prima del 19 aprile 2001 e a quelli da essi fabbricati nei cinque anni successivi a tale data e purché detta attività si sia mantenuta nei limiti anche quantitativi del preuso».
Carlo Guglielmi, presidente di Indicam, l'istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione è furente: «Una decisione incostituzionale. Siamo stufi che dal presidente della Repubblica in giù ci sentiamo dire come imprenditori che dobbiamo fare innovazione e poi le cose vanno in altro senso in spregio a qualsiasi regola europea. Questa è una vera porcata perché poi nottetempo si inserisce un comma che stravolge tutto».
«Una decisione che riporta l'orologio a prima dell'agosto scorso quando finalmente il quadro normativo si era definito. Inutile fare le leggi per le aziende se decisioni come questa alla fine finiscono per giocare contro le stesse aziende», è l'amaro commento di Roberto Snaidero, presidente designato di FederlegnoArredo, campione di mille battaglie contro la contraffazione.
Gianluca Armento, brand manager di Cassina (gruppo Poltrona Frau) incalza: «È uno scandalo, un colpo al cuore della creatività: come si fa a stimolare l'originalità se poi si favoriscono le copie? La questione non si chiude qui».
Dagli addetti ai lavori parte una gragnuola di eccezioni. La nuova norma sarebbe contraria alla Convenzione di Berna, ma al là della patente violazione di questa Convenzione internazionale ci sarebbero profili di illegittimità costituzionale numerosi, evidenti e clamorosi.
Da quello di uguaglianza alla lesione del principio della parità di trattamento, alla cancellazione retroattiva di diritti sorti sicuramente nel 2001. Con relativa lesione del principio della tutela dell'affidamento tutelata dalla Costituzione.
Gli avvocati delle aziende coinvolte stanno già affilando le armi, anche in considerazione delle cause pendenti in giudizio nei vari tribunali italiani, nel corso delle quali potrà essere utile sollevare l'eccezione di incostituzionalità.
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