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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2011 alle ore 12:49.

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso delle associazioni Greenpeace, Italia Nostra e Wwf e ha fermato il progetto dell'Enel che vuole sostituire con una centrale moderna a carbone da 2,5 miliardi di euro l'attuale vecchia centrale elettrica a olio combustibile di Isola Serafini, frazione di Porto Tolle, provincia di Rovigo, sulla punta estrema del delta del Po.

Stupore all'Enel, che sul progetto lavora da cinque anni con un iter che sembrava non finire mai. Finora sono stati spesi fra i 20 e i 30 milioni per campionamenti e studi di ingegneria (non sono contate le 200mila ore-uomo per seguire il progetto). E «se necessario» l'Enel potrebbe spostare all'estero l'investimento.

La decisione dei giudici potrebbe fermare per un anno e mezzo il percorso contrastato del progetto. Erano già state aperte le gare per le prime forniture da 1,8 miliardi, e decine di aziende (400 nell'iter complessivo) vedono dissiparsi tra le dita il contratto.

La centrale attuale ha una trentina d'anni e lavora a mezzo servizio. Dei quattro maestosi gruppi a vapore dominati da una ciminiera di oltre 200 metri – nelle giornate terse si vedono l'Istria e le isole del Carnaro – ormai ne viene acceso ogni tanto solamente uno: l'olio combustibile costa un patrimonio e inquina, a dispetto dei filtri antismog. Quando la centrale marcia, nel cielo del delta del Po si allarga, a quota altissima, un ombrello rosato di composti di zolfo. Sono arrabbiati per la fermata i dipendenti, che nel passaggio alla nuova tecnologia vedevano una certezza di lavoro. È arrabbiata la Confindustria Veneto. Soddisfatti gli ecologisti, ma anche alcune imprese come gli albergatori del delta, che vedono nella centrale colossale un pericolo per la zona delicatissima fatta di paludi, lagune e canneti che attirano animali pregiati e turisti.

Come dovrebbe diventare? Invece del vecchio vapore "policombustibile" a basso rendimento e alto inquinamento, la centrale sarà a "carbone pulito". "Carbone pulito" è un eufemismo, ovvio, ma rende l'idea: con le nuove turbine super-iper-critiche l'efficienza salirà moltissimo, e quindi basterà poco combustibile per produrre la stessa quantità di chilowattora. Inoltre, ci saranno filtri antismog. Alla fine ci sarà il sistema da un miliardo per catturare e stoccare nel sottosuolo l'anidride carbonica, che non è tossica ma scalda il clima del mondo. Per realizzare il progetto innovativo di cattura e stoccaggio la Ue ha già varato un finanziamento di cento milioni all'Enel.

In altre parole, si tratta di scegliere tra una centrale vecchia, inefficiente e sporca e una centrale nuova, efficiente e a basso impatto ambientale. (L'altra scelta è chiudere e smontare).

I dettagli. È illegittimo il decreto con cui nel luglio 2009 il ministero dell'Ambiente aveva decretato la valutazione di impatto ambientale (Via) al progetto. Lo ha stabilito una settimana fa, ma ieri il deposito del dispositivo di sentenza, la sesta sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Rosanna De Nictolis. I giudici hanno annullato il decreto, accogliendo un ricorso di Wwf, Greenpeace, Italia Nostra e di alcune associazioni, tra cui le agenzie immobiliari di Rosolina raccolte dall'Assagaime, il Consorzio operatori balneari, il comitato Cittadini liberi, il consorzio Delta Nord. La sentenza, di cui si attende in un mese la motivazione, ribalta la decisione con cui il 6 giugno scorso il Tar del Lazio aveva bocciato gli ecologisti.

«Finalmente sono state accolte le argomentatissime ragioni giuridiche e ambientali», osserva il Wwf. Greenpeace «esulta» per la decisione: «Il carbone è il peggior killer del clima del pianeta», ricorda Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.

Di parere opposto i dipendenti dell'Enel. «Una minoranza di comitati e associazioni, che non superano qualche decina di iscritti, – fa osservare Maurizio Ferro, portavoce degli operai – dettano i tempi di un'opera necessaria al paese».

Lo stop alla conversione a carbone è un «danno per l'economia nazionale», dice l'Enel dalla sede di Roma. «Questa decisione rischia di cancellare un progetto necessario per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici del Paese e per la riduzione del costo finale dell'energia». Il presidente della Regione, Luca Zaia, spera che ci siano margini di recupero del progetto «irrinunciabile». Il presidente degli industrial veneti, Andrea Tomat, ricorda che in questi giorni il Tar Veneto ha stoppato gli stabilimenti di Cementirossi di Fumane e di Italcementi a Monselice: «Qual è l'autonomia delle imprese a programmare sviluppo e crescita?».

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