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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2011 alle ore 10:54.
L'ultima modifica è del 21 maggio 2011 alle ore 13:13.

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Onore a Mark Weisbrot, il condirettore del Center for economic and policy research, che ha avuto il coraggio di dire l'indicibile spezzando una lancia per l'uscita della Grecia dall'euro.
Ecco quello che ha scritto Weisbrot, in un editoriale pubblicato dal New York Times il 10 maggio: «L'esperienza dell'Argentina alla fine del 2001 è istruttiva. Per oltre tre anni e mezzo il Paese sudamericano subì una della recessioni più gravi degli ultimi cento anni.

Poi dichiarò il default sul suo debito estero e si sganciò dal dollaro Dopo la svalutazione e il default, l'economia continuò a contrarsi per un altro trimestre soltanto, dopo di che crebbe del 63% in sei anni. L'economia argentina si è ripresa tanto rapidamente in primo luogo perché finalmente non era più costretta ad attenersi a politiche monetarie e di spesa che soffocavano la crescita. Lo stesso varrebbe per la Grecia se abbandonasse l'euro».


Sono d'accordo con buona parte di quello che dice Weisbrot, ma non mi sento ancora pronto a raccomandare una misura del genere, per un paio di ragioni. La prima è che l'Argentina è sì un parallelo giusto per la situazione greca, ma è comunque un parallelo imperfetto.

È vero che il Paese sudamericano era agganciato al dollaro, teoricamente in maniera irreversibile, ma è vero anche che materialmente continuavano a circolare i pesos; di conseguenza, sul piano pratico, disancorare il peso dal dollaro era molto più semplice di quanto non sarebbe per la Grecia uscire dall'euro. E gli aspetti pratici contano parecchio, perché possono fare la differenza tra un breve periodo di shock e un collasso finanziario prolungato.

La seconda ragione è che la Grecia, essendo un Paese relativamente povero e caratterizzato da una tradizionale inefficienza, ha molto da guadagnare a far parte a pieno titolo del progetto europeo: ha da guadagnare cose concrete come i fondi di coesione e cose difficili da quantificare ma probabilmente importanti come l'effetto stabilizzatore, sul piano economico e politico, derivante dal fatto di far parte di una grande alleanza democratica.

Uscire dall'euro potrebbe produrre per la Grecia sul lungo periodo danni molto più seri di quelli che la svalutazione ha prodotto per l'Argentina.

Detto questo, Weisbrot ha ragione quando dice che il programma dell'Europa per la Grecia non sta funzionando: non sta funzionando neanche un po'. Ci sarà bisogno come minimo di una ristrutturazione del debito che riduca effettivamente l'onere debitorio, invece di limitarsi ad allungarlo nel tempo.

E più questa situazione rimarrà irrisolta, meno speranze ci sono, secondo me, che la Grecia riesca a rimanere nell'euro, che lo voglia o meno.

Una Grecia fuori dall'euro

Un commentatore argentino fa notare che il suo Paese, oltre a lasciar svalutare il peso, dichiarò il default sul debito e impose restrizioni temporanee sui prelievi bancari. Se la Grecia uscisse dall'euro dovrebbe fare qualcosa di analogo.

Bisogna tener presente, però, che il primo di questi due aspetti, il default, è già preventivato: tutti sanno che la Grecia non rifonderà per intero il suo debito. Il problema è che anche se dovesse dichiarare il default, il Paese ellenico dovrà comunque risolvere il problema di un livello dei prezzi e dei salari non adeguatamente allineato con i Paesi del nocciolo duro di Eurolandia. La svalutazione è quello che si fa quando il default non è sufficiente.

Quanto al secondo punto, l'argomento più convincente contro la possibilità di una spaccatura della zona euro è appunto il fatto che anche solo ventilare l'ipotesi di un'uscita dalla moneta unica scatenerebbe la madre di tutti gli assalti agli sportelli. Ma allora come potrebbe avvenire un'uscita dall'euro? Qualche tempo fa ho sostenuto che dovrebbe avvenire nel quadro di una crisi bancaria che obblighi a una chiusura temporanea delle banche: qualcosa di simile al corralito argentino.

Ecco perché faccio fatica a immaginare un Governo europeo che prende solennemente e deliberatamente la decisione di abbandonare l'euro. Ma non faccio fatica a immaginare una catena di eventi che potrebbe condurre a una situazione in cui l'uscita dall'euro diventerebbe l'opzione meno disastrosa.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

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