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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2011 alle ore 06:41.

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CRESCENTINO
Efficienza subalpina, soprattutto. Quella che ha permesso alla Mossi & Ghisolfi di Tortona (Alessandria) di ottenere in soli 8 mesi il via libera all'insediamento a Crescentino (Vercelli) del primo impianto industriale al mondo per la produzione di bioetanolo di seconda generazione, ricavato dalle canne di fosso. Dopo aver tentato, inutilmente, di realizzare l'impianto in provincia di Alessandria, dove l'azienda si è scontrata con il "no" degli ambientalisti.
«Indubbiamente – spiega Marinella Venegoni, sindaco di Crescentino – quando il progetto mi è stato presentato ho avuto notevoli perplessità, anche paura degli impatti ambientali, degli eventuali cattivi odori». Sull'altro piatto della bilancia, però, c'era un investimento da 140 milioni di euro, la creazione di un centinaio di posti di lavoro diretti oltre a quelli indiretti, il recupero dello stabilimento dismesso della Teksid. Difficile opporsi a priori.
«Così – prosegue Venegoni – ho contattato i massimi esperti del settore. Ho telefonato negli Stati Uniti, ho parlato con scienziati. Mi hanno spiegato i problemi e le domande da porre all'azienda. E ho potuto valutare gli effetti positivi delle nuove tecnologie rispetto agli impianti di prima generazione». Ovviamente, però, non poteva bastare. I colloqui si sono intensificati, il Comune ha fatto ricorso ad esperti qualificati, si è fatta ogni valutazione di impatto ambientale, di sostenibilità, di ricadute.
Conferenze di servizi faticose, impegnative, rigorose. Giuseppe Fano, direttore del gruppo di Tortona – una multinazionale famigliare e maggior produttore mondiale di PET (polietilene terftalato, usato soprattutto per le bottiglie di plastica), con un giro d'affari di 3 miliardi di dollari e 2.500 addetti, concentrati soprattutto all'estero – assicura che il sindaco «ci ha fatto una radiografia completa e minuziosa, ma quando l'amministrazione è stata convinta della bontà del progetto, ci ha sostenuto». E il sostegno è arrivato anche dalla Provincia di Vercelli, dalle due giunte regionali piemontesi che si sono succedute.
«Tutti hanno lavorato ventre a terra – conferma il sindaco – quando è stato chiaro che l'iniziativa non avrebbe avuto effetti negativi per il territorio. Così è stato possibile fare in fretta». D'altronde il progetto prevede l'utilizzo della tipiche canne da fosso, assolutamente autoctone. Dunque nessuna sottrazione di campi destinati alla coltivazione di prodotti per l'alimentazione, nessun arrivo di biomasse dall'estero, con effetti negativi sull'atmosfera per il trasporto. Inoltre Crescentino è stata scelta anche per lo scalo ferroviario all'interno della fabbrica dismessa. E anche questo riduce l'inquinamento. Quanto alla resa, da un ettaro a canne si ottengono 10 tonnellate di etanolo. Più che con le canne da zucchero e tre volte la resa del mais.
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