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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2011 alle ore 16:55.

Finora l’internazionalizzazione del renminbi ha di fatto mostrato un chiaro fenomeno di asimmetria – non solo per il fatto che funzioni come moneta di scambio per le importazioni cinesi ma non per le esportazioni. I bond denominati in renminbi sono molto richiesti, eppure gli stranieri non sono abbastanza incentivati ad emetterli. E, mentre i prestatori esteri sono ben disposti a concedere prestiti in renminbi, lo stesso non si può dire dei mutuatari esteri. Considerate le forti aspettative rispetto a un apprezzamento del renminbi, l’internazionalizzazione porterà inevitabilmente verso un forte mismatch valutario, con possibili ricadute sulla ricchezza della Cina.

Un problema fondamentale per l’internazionalizzazione del renminbi è legato ai controlli sugli investimenti di capitale effettuati dal gigante asiatico. Sebbene l’internazionalizzazione di una moneta non equivalga a una liberalizzazione dei movimenti di capitale, il grado di internazionalizzazione ne è comunque condizionato. La trasformazione del renminbi in valuta internazionale ha aperto un nuovo buco nel muro cinese dei controlli sui capitali, come dimostra l’enorme aumento di depositi in renminbi ad Hong Kong.

Quando una moneta subisce un prolungato processo di apprezzamento a senso unico, attira l’afflusso di capitali speculativi finalizzati all’arbitraggio sui tassi di cambio. L’hot money farà crescere la pressione sull’apprezzamento valutario e renderà complicata la gestione macroeconomica. I profitti fruiti alla fine del gioco dagli speculatori condurranno ad ingenti perdite di ricchezza nel paese destinatario, in questo caso in Cina.

Il timore legato all’hot money è stato il motivo principale per cui la Cina si è rifiutata di sganciare il renminbi dal dollaro fino al mese di luglio 2005. Poi la Cina ha deciso di far apprezzare il renminbi gradualmente, pur affidandosi ai controlli sui capitali per prevenire l’ingresso di hot money. I controlli non sono serrati, ma (finora) hanno funzionato, ed è questo il motivo per cui la Cina è riuscita a mantenere negli anni una certa stabilità macroeconomica.

I controlli sui capitali da parte della Cina hanno l’obiettivo primario di evitare che i non residenti detengano asset domestici denominati in renminbi, non correlati al commercio e ai flussi di capitale a lungo termine. Ma l’internazionalizzazione del renminbi incoraggia i non residenti a possedere più renminbi ed asset denominati in questa divisa. I depositi in renminbi detenuti dai residenti di Hong Kong hanno infatti raggiunto i 370 miliardi di renminbi (57 miliardi di dollari), e la cifra potrebbe arrivare a un trilione di renminbi entro la fine dell’anno.

Certo, ci si chiede quale sia la differenza tra hot money e depositi in renminbi detenuti dai non residenti. La risposta dipende dalla motivazione per la quale i non residenti detengono tali depositi. L’attrattiva del renminbi dovrebbe derivare dai forti fondamentali economici della Cina e dalla fiducia riposta nella sua economia. Se sarà vincolata alle aspettative di un apprezzamento del renminbi, il successo dell’internazionalizzazione della moneta cinese potrebbe facilmente ribaltarsi e causare alle autorità monetarie cinesi problemi difficili da risolvere.

Fortunatamente, le autorità monetarie cinesi hanno già notato la sottile distinzione tra domanda legittima di asset denominati in renminbi e hot money. Ciò significa che il passo dell’internazionalizzazione del renminbi potrebbe essere più contenuto di quanto non si aspettino gli investitori internazionali.

Per quanto la trasformazione del renminbi in valuta internazionale sia necessaria (e inevitabile), dovrebbe comunque essere guidata da principi di mercato e perseguita con cautela. A tal scopo risulta fondamentale stabilire la sequenza degli aggiustamenti politici. In ogni caso, la strada per l’internazionalizzazione del renminbi si prospetta piena di asperità.

Yu Yongding, attualmente presidente della Società cinese di economia mondiale, è stato membro del Comitato di politica monetaria della Peoples’ Bank of China e direttore dell’Istituto di economia e politica mondiale presso l’Accademia cinese di scienze sociali.

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.orgTraduzione di Simona Polverino

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