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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2011 alle ore 08:12.

Il traguardo sarebbe risolvere una questione aperta da decenni e che vede l'Italia unico paese europeo senza regole. E cioè risolvere la questione della rappresentanza e soprattutto rendere 'esigibili' i contratti firmati dalla maggioranza dei sindacati. Per molto tempo l'unità tra le tre più grandi confederazioni, Cgil, Cisl e Uil ha garantito di fatto la tenuta delle intese.

Da alcuni anni, però, la situazione è diversa. La Cgil su alcuni passaggi importanti, come la riforma della contrattazione del 2009, ha detto no. Ed alcune vicende recenti, come quella degli accordi Fiat di Pomigliano e Mirafiori, hanno riportato in primo piano il tema dell'esigibilità degli accordi sindacali. Sarà l'oggetto dell'incontro che si terrà a breve tra Confindustria e i sindacati. Tutti attorno al tavolo per puntare a raggiungere un'intesa unitaria. Anche in occasione della riforma della contrattazione del 2009 la presidente degli industriali, Emma Marcegaglia, ha tentato fino all'ultimo di coinvolgere nell'intesa la Cgil.

E, dopo lo strappo del contratto dei metalmeccanici, ha costantemente invitato la Fiom a ripensarci. Anche in questo caso è il mutato scenario mondiale che sta imponendo un modo diverso di fare impresa. E quindi a spingere sui principi della riforma del 2009 che ha spostato il baricentro della contrattazione a livello aziendale, dove è possibile realizzare lo scambio tra produttività e salario. È un impegno che ieri la Marcegaglia ha preso, di fronte alla platea degli industriali milanesi. Un'esigenza che non è solo della Fiat, ma che riguarda tutto il sistema imprenditoriale.

L'obiettivo da raggiungere sarebbe che gli accordi firmati a livello aziendale dalla maggioranza delle Rsu o Rsa (rappresentanze sindacali unitarie e aziendali) possano essere validi per tutti i lavoratori. Una soluzione snella, su cui concordano le opinioni di alcuni autorevoli giuristi. A parole, su questa affermazione il consenso delle parti potrebbe essere ampio. Ma si tratta di vedere se saranno messe sul tavolo altre questioni, come la certificazione degli iscritti, se tutti saranno concordi sul considerare la maggioranza il 50% più uno, se verrà sollevata la questione del referendum o del voto di mandato.

Il tema è delicato. Sullo sfondo, c'è l'idea lanciata dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, di una legge che sancisca la priorità del contratto aziendale rispetto al nazionale. Sarebbe auspicabile, però che le parti sociali, tutte, esercitassero il proprio ruolo con un accordo, lasciando alla legge quel ruolo di 'sostegno' della volontà dei sindacati e delle imprese.
N. P.

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