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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2011 alle ore 09:36.

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Una semplificazione del sistema fiscale, non finanziata con nuovo deficit va bene. Senza però dimenticare di dare l'addio all'Irap e potenziare insieme lotta all'evasione e giustizia tributaria. È quanto emerge dalle parole di Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

Presidente Siciliotti, che cosa ne pensa delle ipotesi di riforma?
L'idea di tre aliquote e cinque imposte è accattivante e risponde a un'esigenza sentita di semplificazione del sistema fiscale. Ricorda però molto da vicino quella del 2003, che a parte l'istituzione dell'Ires (l'imposta sul reddito delle società) è rimasta in larga parte inattuata. Però quella della riforma è un'esigenza reale, perché la pressione fiscale da noi sulle persone fisiche è molto più alta che nei paesi vicini, come la Francia o la Germania. Nelle fasce più basse oscilla tra il doppio e il triplo.

Un'operazione in pareggio non rischia di lasciare tutto immutato?
L'esigenza di non creare ulteriore deficit è importante, anche alla luce della congiuntura internazionale. È un segnale che comunque bisogna dare come indicatore di stabilità del nostro sistema economico.

Restando 'alla pari' occorre però trovare delle modalità per finanziare la riforma. Secondo lei cosa si può fare?
Il ministro Tremonti aveva parlato di un passaggio della tassazione dalle persone alle cose. Le cose sono non solo i consumi e quindi l'Iva, ma anche i patrimoni. Non dico che occorrerebbe fare una patrimoniale, ma almeno colpire i frutti dei patrimoni, mentre si continua a fare il contrario, come è accaduto anche di recente con la cedolare.

Quale altro intervento dovrebbe proporre una riforma fiscale?
Innanzitutto dovrebbe mettere una pietra tombale sull'Irap. Si tratta di un'imposta che penalizza chi si indebita e chi assume, mentre invece premia chi delocalizza.

Quanto al taglio degli sconti fiscali esistenti?
Si tratta di un discorso importante, perché si tratta di una giungla che va semplificata. Però piuttosto che pensare quale togliere e quale lasciare, occorrerebbe azzerare tutto e fare un discorso su cosa si vuole realmente incentivare. Di recente abbiamo richiamato tre emergenze: di genere, generazionale, geografica. Occorre incentivare il lavoro dei giovani e delle donne in particolare. Molti parlano di quoziente familiare, che rischia di essere più un mantra da campagna elettorale. Se diamo invece agevolazioni fiscali per il lavoro delle donne, diamo anche una declinazione più concreta al tema dell'aiuto alla famiglia.

C'è poi il tema dell'evasione fiscale...
Gli evasori hanno normalmente un tenore di vita che è sotto gli occhi di tutti, con manifestazione evidente della ricchezza, per questo noi siamo stati sempre favorevoli al redditometro, che a differenza degli studi di settore riguarda tutti e non solo i piccoli e gli autonomi. Senza dimenticare di potenziare, oltre alla lotta all'evasione, anche la giustizia fiscale, per la quale però non vedrei solo giudici togati, perché occorre anche una comprensione economica e non solo giuridica delle questioni.

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