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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2011 alle ore 17:31.


NEW YORK – Il mondo può tirare un sospiro di sollievo ora che è stato appena rieletto, per il secondo mandato, il Segretario generale delle Nazioni Uniti Ban Ki-moon. In un mondo frammentato, l’unità globale è di vitale importanza. Negli ultimi cinque anni Ban Ki-moon ha incarnato quest’unità, sia per la sua straordinaria diplomazia che per il ruolo di capo di questa indispensabile organizzazione mondiale.

Vincere le rielezioni alla guida dell’Onu non è una questione semplice. In veste di capo di un’organizzazione che conta 192 stati membri, il Segretario generale risente inevitabilmente delle potenti forze scaturite dalla divisione globale. Il Segretario generale si trova quasi sempre in mezzo a gruppi di paesi contrapposti. Eppure Ki-moon ha trasmesso fiducia globale attraverso la sua leadership fino al punto di ottenere, all’unanimità e senza contestazioni, un secondo mandato.

Il consenso a favore della rielezione di Ki-moon è veramente eclatante perché proviene anche dai cosiddetti P5, i cinque stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ossia Stati Uniti, Regno Unito, Cina, Francia e Russia. Questi cinque potenti paesi devono la loro posizione di preminenza nell’Onu agli accordi raggiunti nel secondo dopoguerra, quando conseguirono la vittoria da alleati. Secondo la Carta dell’Onu, i cinque paesi devono approvare l’elezione di ogni Segretario generale. Ban Ki-moon ha ricevuto un forte sostegno da parte di tutti e cinque i membri permanenti.

Ho l’onore di essere consigliere speciale del Segretario generale per gli Obiettivi del Millennio. In questo ruolo, noto come il Segretario generale sia attivo in ogni parte del mondo. È un’esperienza appagante, che dà speranza a chi intende raggiungere risultati importanti nella risoluzione di problemi globali come povertà, minacce ambientali e conflitti violenti.

I numerosi problemi che affliggono il mondo affollano costantemente l’agenda del Segretario generale. Che siano questioni di guerra o di pace, rivoluzioni e colpi di stato, disastri naturali, epidemie, elezioni controverse, oppure gravi minacce come fame, povertà, cambiamenti climatici, migrazioni di massa, qualsiasi crisi richiede inevitabilmente l’attenzione del Segretario generale. È un carico di lavoro che attanaglia la mente e richiede il costante impegno del Segretario generale e del suo team.

Durante un recente viaggio effettuato con Ki-moon in Egitto e Tunisia, ho guardato con una certa soggezione l’abilità con la quale egli sosteneva i cambiamenti democratici in corso in quei due paesi e contemporaneamente si occupava delle numerose rivolte scoppiate nella regione. Ki-moon ha offerto generosamente il proprio supporto ai coraggiosi e giovani leader dei due paesi, che lavorano in prima linea sul fronte dei cambiamenti politici avviati quest’anno.

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