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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2011 alle ore 15:02.

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ROMA - La scommessa futuribile dei costi standard per Asl e ospedali, ma non solo. A caccia di risparmi sicuri e di impatto immediato senza puntare tutto su quel che sarà del federalismo fiscale, i tecnici del Governo hanno sul tavolo per la sanità una manovra "bifronte". E allora ecco che si fa largo anche una manovra «tradizionale», dove i costi standard sono un quasi un ponte gettato sul domani, ma tutto da costruire. Per far cassa intanto con tagli a farmaci, beni e servizi, personale, specialistica. E magari con la lotta all'evasione dai ticket stimata quasi 1 miliardo l'anno.

Opzioni non esattamente alternative, quelle allo studio, ma in qualche modo parallele. Che però riflettono umori e punti di vista opposti nel Governo sul significato dei costi standard: come strada di risparmio immediato (dal 2013) o come via per razionalizzare e standardizzare nel tempo qualità e costi dei servizi tra le Regioni. Sia quel che sia, i sacrifici che saranno richiesti all'assistenza sanitaria sono complessivamente di 5-6 miliardi, fino a un'ipotesi massima di 6-8 miliardi. Non meno, in ogni caso, del 15% dell'intera manovra. Risparmi che nelle intenzioni dovranno garantire un abbassamento del tendenziale e avere un effetto correttivo di lunga durata. Riducendo il fabbisogno da riconoscere alle Regioni. Ma insieme, è la prospettiva, abbassando il grado di copertura dei livelli essenziali di assistenza (Lea). Insomma, meno garanzie su servizi e prestazioni e aumento della sanità pagata di tasca propria (anche con fondi integrativi e assicurazioni, per chi li ha) dagli italiani.

La prospettiva dell'abbassamento del fabbisogno con l'applicazione dei costi standard, avrebbe effetto graduale a partire dal 2013. Ma di certo non sarà una passeggiata, considerato quanto meno che già tutte le Regioni hanno i fucili spianati, anche quelle oggi con i conti (quasi) a posto. I costi standard vanno interamente costruiti e contrattati. Tutto in 18 mesi, di qui al 2013. Anche se i tagli e le razionalizzazioni, soprattutto al Sud, procederebbero comunque.

Intanto non mancheranno le misure «tradizionali» di potatura della spesa. Magari unite, sul versante delle liberalizzazioni, alla perdita dell'esclusiva delle farmacie sulla vendita dei medicinali di classe «C» (a pagamento) con obbligo di ricetta. Per i farmaci si punta così per la spesa territoriale (in farmacia) alle aste delle Asl, a una spinta ancora maggiore all'acquisto di generici, alla nuova frontiera dei bioequivalenti. Ma sotto osservazione è anche la farmaceutica ospedaliera (2,2-2,4 di rosso stimato per il 2011), dove si pensa a nuovi tetti e a forme d'acquisto più vantaggiose per le Regioni. Altro capitolo è la specialistica (cresciuta del 6,1% nel 2010), dove si potrebbe fare ordine anche nella franchigia e assestare un colpo all'evasione dal ticket. Poi l'acquisto di beni e servizi, con prezzi di riferimento e centrali d'acquisto. E il personale: il blocco di un nuovo contratto in sanità varrebbe 2 miliardi, oltre ai tagli degli stipendi e al blocco del turn over. I medici già sono in pre-agitazione, dopo i tagli di un anno fa e gli effetti pesanti sui servizi agli assistiti. Ma da venerdì, dopo la manovra, l'intero Ssn potrebbe diventare una polveriera.
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