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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2011 alle ore 15:04.

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ROMA - Nel pacchetto delle liberalizzazioni che sarà contenuto nella manovra spuntano anche le norme per coprire i vuoti creati dal referendum sui servizi pubblici locali. Nessuna intenzione, da parte del Governo, di tradire o attenuare il voto popolare, dicono i tecnici ministeriali che hanno cominciato a lavorarci. Piuttosto si fa presente l'esigenza di recuperare norme legislative e regolamentari che sono state eliminate "a cascata" rispetto alla norma principale e poco o nulla hanno a che fare con il nocciolo del referendum, cioè la volontà di bloccare la privatizzazione dei servizi idrici .

Le norme allo studio sono soprattutto quelle che non hanno più una copertura legislativa nazionale ma hanno una copertura consolidata dalle norme Ue e dalla giurisprudenza nazionale. Due casi su tutti: la regolamentazione semplificata dell'in house in base ai principi Ue e la gara «a doppio oggetto» per quelle amministrazioni locali che ancora volessero scegliere un partner privato per le loro aziende. In questo secondo caso si tratterebbe di norme che definiscano una procedura di gara, in aiuto alle scelte non più vincolate delle amministrazioni.

Per l'in house è evidente che non sarebbe legittimo ripristinare il parere dell'Antitrust e gli altri paletti che nel decreto Ronchi-Fitto volevano fare da argine agli affidamenti «in casa». Si recuperano, però, i paletti leggeri messi dalla Ue, vale a dire le due condizioni necessarie perché si possa procedere all'in house: l'amministrazione deve esercitare sul soggetto affidatario un «controllo analogo» a quello esercitato sui propri servizi (con il controllo al 100% del capitale) e il soggetto affidatario deve svolgere la propria «attività prevalente» in favore dell'ente pubblico di appartenenza. Questo paletto bloccherebbe, per esempio, l'espansione extraterritoriale delle aziende in house.

Più complessa e controversa la partita che riguarda le società quotate in Borsa o le Spa miste che hanno avuto affidamenti di servizi senza alcuna gara. Questa situazione oggi non è più coperta dall'articolo 113, comma 15-bis, del testo unico sugli enti locali (Dlgs 267/2000), abrogato dal Dpr 168/2010 né dalle norme abrogate dal referendum. Il Governo pensa a una soluzione ma non è certo che questa non cozzerebbe contro la volontà referendaria. Da una parte ci ha pensato in passato l'Antitrust a definire i profili di illegittimità di appalti «in house» affidati a società diverse da quelle controllate al 100% dagli enti locali. Dall'altra il comitato referendario "2 sì per l'acqua" precisa anche al nostro giornale, con specifico riferimento alla società Iride, poi Iren, affidataria del servizio idrico a Genova, come l'affidamento in house avvenuto nel 2009 sia «in violazione delle norme Ue sulla concorrenza, che permettono l'in house ma solo a favore di soggetti pubblici sui quali gli enti locali possano esercitare il controllo analogo».
giorgio.santilli@ilsole24ore.com

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