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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2011 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 30 giugno 2011 alle ore 08:10.

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ROMA. «Per la competitività delle imprese a fare la differenza sono due fattori: l'efficienza del sistema territoriale e le relazioni industriali che, se sono stabili e solide, possono incentivare gli investitori italiani e stranieri. Ebbene, con Confindustria abbiamo costruito un buon accordo unitario proprio per dare stabilità alle relazioni industriali, facendo convergere gli interessi di lavoratori e imprese».

All'indomani dell'accordo interconfederale con le regole su rappresentanza, democrazia e contrattazione il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, sottolinea con soddisfazione i contenuti di un'intesa che «è il risultato di un paziente e faticoso lavoro di mediazione» tra le diverse culture sindacali. «Ci siamo ricongiunti con la Cgil - afferma – avendo trovato un terreno comune di incontro. Auspico che dopo questa fase di lunga divisione, prevalga in ciascuno la volontà di cooperare, per cercare di far convergere le differenti istanze trovando una sintesi, invece del braccio di ferro continuo. Il pluralismo può diventare un'energia positiva».

Segretario, ritiene che questo accordo possa offrire risposte concrete alle richieste della Fiat sull'esigibilità dei contratti aziendali?
La luce che promana da questo accordo dà soddisfazione a coloro che hanno sostenuto che il movimento sindacale fa bene ad impegnarsi per dare rassicurazioni a chi vuole investire per creare occupazione invece di delocalizzare.

Come pensa si possa sciogliere il nodo dell'efficacia erga omnes dei contratti che nel pubblico impiego è assicurata dalla legge? Crede che nel privato sia sufficiente l'accordo interconfederale o che ci sia bisogno di un intervento legislativo?
Ritengo che l'accordo interconfederale abbia maggiore forza della legge, perchè impegna tutti i protagonisti della vita sociale e ciò di fatto dà una validità erga omnes all'intesa. Come nell'ambito civilistico, nell'accordo abbiamo sancito l'obbligo che deriva dall'aver sottoscritto un contratto per i due soggetti contraenti. Con Cgil, Uil e Confindustria abbiamo definito le regole per stabilire chi può fare gli accordi e chi no, individuando il criterio per misurare chi è veramente rappresentativo. Abbiamo indicato il principio della maggioranza dei consensi, affinchè gli accordi siano validi e vincolanti per tutti. Sono le elementari regole di democrazia.

Che tempi prevede per l'operatività delle nuove regole?
Avranno un'applicazione immediata dopo la firma definitiva dell'intesa. Per la certificazione nazionale la procedura è complessa, vanno fatte le convenzioni con l'Inps, ma a livello aziendale si può partire da subito per poter misurare la rappresentatività, visto che le aziende agiscono da sostituto d'imposta l'operazione è piuttosto facile. Sulla democrazia sindacale, come previsto dall'accordo unitario del 2008, abbiamo stabilito che spetta alle singole categorie declinare secondo le diverse situazioni i principi attuativi. È un fatto storico, visto che di democrazia sindacale se ne parlava dal dopoguerra.

È favorevole ad una legge sulla rappresentanza a supporto dell'intesa?
L'accordo interconfederale del 1993 fin qui ha dimostrato un'efficacia ed una longevità superiore a tante leggi che riguardano le materie sociali. Ripeto: gli accordi tra le parti danno le migliori garanzie, perchè i soggetti contraenti sono in grado di costituire patti più chiari e solidi delle stesse leggi. Del resto il legislatore è portatore di interessi diversi dai nostri, noi siamo portati a fare compromessi nel senso più nobile della parola. Penso che dal movimento sindacale possa arrivare una lezione per la politica che invece procede con continue divisioni che non prevedono mai alcuna convergenza.

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