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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2011 alle ore 12:30.

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La retorica dell’indipendenza energetica nei paesi consumatori rende ancor più oscuro lo scenario: i paesi produttori stanno costruendo settori ad alta intensità energetica per garantire un mercato al proprio petrolio una volta che le nazioni consumatrici abbandoneranno le importazioni di petrolio. L’idea è di esportare il petrolio includendolo in altri prodotti, come petrolchimici, plastica, alluminio e simili. E sono in grado di realizzare tali impianti con maggiore rapidità rispetto a quanto non riescano a fare i paesi consumatori di petrolio nel creare alternative alle importazioni petrolifere, generando in tal modo future carenze. Come già detto, l’aumento dei prezzi limiterà la domanda globale di petrolio, ma solo dopo un periodo di sofferenza economica in alcune specifiche regioni del mondo.

Il terzo fattore riguarda il circolo vizioso tra i prezzi petroliferi e il valore del dollaro americano. I prezzi al rialzo del petrolio fanno lievitare i deficit commerciali americani, che di conseguenza abbattono il valore del dollaro americano. A causa della relazione inversa tra prezzi petroliferi e dollaro, l’indebolimento del dollaro si traduce in un aumento dei prezzi petroliferi; tale situazione non fa che peggiorare il deficit commerciale, esercitando sul dollaro una grande pressione al ribasso. I prezzi petroliferi continueranno a salire fino al momento in cui non collasserà la domanda. Secondo dati statistici tale relazione si indebolirà una volta che si riprenderà il mercato immobiliare, ma si tratta di una previsione a lungo termine.

Infine, il quarto fattore risiede nella relazione tra prezzi petroliferi e politiche fiscali e monetarie attuate nei paesi consumatori. Per contrastare l’effetto dei forti prezzi petroliferi, i paesi consumatori adottano politiche economiche espansionistiche, abbassando i tassi di interesse e incrementando la spesa pubblica. Tali manovre consentono una continua crescita economica malgrado gli elevati prezzi petroliferi. Ma la crescita continua fa lievitare la domanda di petrolio, facendo schizzare in alto i prezzi. L’alternativa all’espansione fiscale e monetaria sarebbe la recessione, in seguito alla quale i prezzi del petrolio cesserebbero di salire.

Considerate le attuali tensioni in Medio Oriente, la perdita di petrolio libico e yemenita e la crescente domanda energetica nei paesi petroliferi, qualsiasi eventuale incremento delle esportazioni petrolifere saudite avrebbe un impatto ridotto sul mercato. La produzione petrolifera non influisce, le esportazioni sì. Questo significa che gli annunci relativi agli aumenti della produzione petrolifera non incidono sui prezzi. A prescindere da cosa decidano l’Opec o i paesi membri, i circoli viziosi qui descritti faranno probabilmente oscillare i prezzi petroliferi in tutto il mondo tra i 70 e i 90 dollari a barile.

Detto questo, i paesi membri dell’Opec e i policymaker dei paesi consumatori non dovrebbero dimenticare che la migliore cura per risolvere il problema dei prezzi elevati è proprio sfruttare la forza dei prezzi elevati.

Anas Alhajji è capoeconomista di NGP Energy Capital Management.

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.orgTraduzione di Simona Polverino

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