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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2011 alle ore 06:41.


«È evidente che gli accordi di Pomigliano e Mirafiori, come quello di Grugliasco, devono avere piena esigibilità per garantire gli investimenti, i livelli di occupazione e gli incrementi salariali programmati». Dopo la dura lettera dell'amministratore delegato del gruppo Fiat, Sergio Marchionne, al presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che ieri ha dichiarato alla stampa la possibilità di valutare una legge ad hoc, ribadisce la necessità che gli accordi firmati un anno fa dal gruppo Fiat debbano avere piena esigibilità. Il ministro si dice «certo che le parti firmatarie di questi accordi e le confederazioni alle quali aderiscono sapranno indicare, anche alla luce del recente protocollo sulle regole della contrattazione, i modi con cui darvi certezza ed effettività». Dunque piena disponibilità di Sacconi, ma dovranno essere le parti, qualora lo ritenessero necessario, a chiedere un suo intervento per la traduzione legislativa dell'accordo.
La via per ottenere l'efficacia erga omnes degli accordi di Mirafiori, Pomigliano e Grugliasco divide i giuslavoristi tra chi ritiene necessaria una legge ad hoc e chi non la ritiene in linea con i tempi snelli di cui necessita il Lingotto e quindi lascia alla vera concertazione il compito di trovare la soluzione.
«Se si vuole ottenere l'effetto dell'esigibilità a tratto generale – l'erga omnes – la legge è necessaria. Ma c'è un problema», dice Roberto Pessi, giuslavorista e preside della facoltà di Giurisprudenza dell'università Luiss di Roma. Già perché «per fare la legge bisogna fare una legge costituzionale – spiega –. L'articolo 39 della Costituzione e la giurisprudenza della Corte Costituzionale chiariscono come bisogna necessariamente, per concretizzare l'articolo 39, fare una legge costituzionale». Il modello dell'accordo unitario «è un ottimo modello, già sperimentato nel pubblico impiego e quindi è positivo. Questo accordo fa fare un passo avanti nel senso che impegna le 3 confederazioni unitariamente su un modello che dice che tutte e tre sono vincolate. Ma non toglie il tema del dissenso per quello che riguarda una categoria che aderisce alla Cgil».
Per Pietro Ichino, giuslavorista della Statale di Milano, il fatto è che «se gli accordi Fiat dovessero essere stipulati adesso, essi rientrerebbero pienamente nella cornice delineata dal nuovo accordo interconfederale: non si porrebbero dunque problemi rilevanti di compatibilità con la disciplina collettiva previgente». Il probema, però, «si pone – continua Ichino – in quanto quegli accordi sono stati stipulati un anno fa quando ancora questo accordo interconfederale unitario non c'era». E allora «gli attriti tra quegli accordi e il vecchio quadro della disciplina collettiva potrebbero essere risolti anche con una applicazione rigorosa di principi civilistici; ma la certezza della loro piena efficacia può essere data solo da un intervento legislativo che generalizzi gli effetti del nuovo accordo».
Pessi osserva che «l'accordo interconfederale risolve per un verso la problematica dell'articolo 28, e cioè del comportamento anti-sindacale, e per un altro anche quella di un eventuale dissenso, su un singolo accordo, di categorie aderenti a una delle tre confederazioni firmatarie dell'accordo». Però, l'intesa ha «delle crepe, perché, ad esempio, non risolve il problema dell'eventuale dissenso su un accordo da parte di altre organizzazioni sindacali non aderenti alle tre organizzazioni firmatarie, ovvero di singoli lavoratori dissenzienti e non iscritti a nessuna organizzazione sindacale», aggiunge.
La realtà è che l'esigibilità degli accordi di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco sta «nei fatti, nei rapporti di forza, non in un intervento legislativo. Bisogna passare attraverso le buone maniere sindacali», sostiene invece Stefano Liebman, ordinario di diritto del lavoro all'Università Bocconi di Milano, che esclude la possibilità di un intervento legislativo per l'esigibilità dell'accordo. «La pretesa dell'amministratore delegato del gruppo Fiat, Sergio Marchionne, è una pretesa che io capisco nella sua logica ma Confindustria ha già ottenuto molto con l'accordo unitario firmato nei giorni scorsi, sia dal punto di vista gestionale sia dal punto di vista delle relazioni industriali». «Non c'è bisogno di nient'altro adesso – continua Liebman –. Bisogna concedere del tempo al nuovo clima che si è instaurato per depontenziare il contenzioso Fiat». Quell'esigibilità che Marchionne persegue «non si può ottenere con una legge che peraltro riaccenderebbe le discussioni ma con pazienza che però il Lingotto in questa fase non ha». Il problema della legge poi, da un punto di vista tecnico giuridico, è che «esiste un articolo 39 della costituzione, quindi una legge che non passi attraverso una revisione costituzionale è una legge molto difficile. Certamente non la si può avere in tempi brevi». Soprattutto chiede Liebman: «Con questa maggioranza e in questi tempi parlamentari ma di quale intervento legislativo vogliamo parlare?».
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LE VALUTAZIONI DEI GIUSLAVORISTI
Stefano Liebman Università Bocconi di Milano «L'esigibilità degli accordi sta nei fatti, non in un intervento legislativo. Bisogna passare attraverso le buone maniere sindacali»
Pietro Ichino Università Statale di Milano «La certezza della piena efficacia può essere data solo da un intervento legislativo che generalizzi gli effetti dell'accordo»

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