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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2011 alle ore 07:31.

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Alla fine la norma tanto attesa (o temuta) spunta per davvero. Annidate tra le pieghe del testo della manovra inviato al Quirinale trovano spazio anche poche righe inserite alla fine dell'articolo dedicato alle misure sulla giustizia. Poche ma micidiali. Per gli effetti politici e per l'(ovvia) coda di polemiche che si tirano dietro.

Sino a potere compromettere la firma del capo dello Stato al provvedimento. Perché intervenire a gamba tesa nella causa sul Lodo Mondadori, con i giudici vicini alla sentenza, attesa per il fine settimana, dopo che in primo grado Fininvest è stata condannata a pagare 750 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti, significa, anche, complicare gravemente il percorso della manovra.

Due piccole modifiche al Codice di procedura civile per stabilire che quella che sino ad adesso è una semplice facoltà del giudice, sospendere l'esecuzione di una sentenza di condanna in attesa del verdetto del grado di giudizio successivo diventa un obbligo. Un vincolo cui il giudice non si può sottrarre quando la condanna riguarda, in primo grado, somme superiori a 10 milioni di euro e, in appello, a 20 milioni. Paletti che il maxirisarcimento a carico del gruppo di Silvio Berlusconi, che più volte negli ultimi tempi si era detto preoccupato per la vicenda, supera ampiamente.

Insomma, se anche la sentenza di secondo grado confermasse la condanna nella proporzione tanto temuta dal premier, l'effetto per Fininvest sarebbe nullo. Basterebbe infatti la presentazione di una cauzione, questa la condizione cui è sottoposto il congelamento delle pronuncie, per sterilizzare l'impatto della sanzione. Almeno fino al momento del successivo verdetto della Cassazione.

Che una misura di questo tenore rientrasse nell'ordine delle possibilità era opinione diffusa. Ma nel testo della manovra la disposizione ha poi trovato posto solo all'ultimo momento (come ha anticipato il sito online del Sole 24 Ore). Perché nella versione approvata in Consiglio dei ministri e poi circolata anche nelle redazioni la disposizione era del tutto assente. O meglio era previsto un intervento sul medesimo tema ma di significato del tutto opposto, senza dubbio più coerente con l'impianto della manovra e, segnatamente, delle misure sulla giustizia. Veniva infatti introdotta una sanzione pecuniaria, fino a 10mila euro, per le richieste di sospensione dell'esecuzione delle sentenze manifestamente infondate. Una misura indirizzata a colpire le condotte puramente dilatorie secondo una 'filosofia' che già ha caratterizzato precedenti misure assunte dal Governo.

Laconico Carlo De Benedetti. Intercettato in Bocconi a margine di un convegno sulle liberalizzazioni si limita a un «ho sentito» per prendere poi il largo. Durissime invece le reazioni del Pd. Con il segretario Pierluigi Bersani che attacca, «se una cosa del genere fosse confermata sarebbe la prova che per tutti gli italiani la manovra sarà un problema e per il presidente Berlusconi una soluzione. Voglio credere che non si insulti il Parlamento trasmettendogli una norma del genere». Mentre il presidente Rosy Bindi evidenzia la nuova prova del conflitto d'interessi che soffoca il Paese, il presidente dell'Anm Luca Palamara giudica la misura come «iniqua e incostituzionale» e del tutto scollegata dal contesto delle misure urgenti sul processo civile. Timida la reazione della maggioranza affidate ad Enrico Costa capogruppo Pdl alla Camera in commissione Giustizia: «In un momento di difficoltà economica abbiamo provato a contemperare le esigenze del creditore con quelle del debitore».

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