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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2011 alle ore 07:50.

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Martin Sorrell (Bloomberg)Martin Sorrell (Bloomberg)

«Germania, Polonia e Russia se il prezzo del petrolio tiene». Martin Sorrell i suoi soldi li metterebbe lì, in quell'ordine e li metterebbe indipendentemente dal business che comanda seduto com'è al vertice della sua creatura, Wpp media company globale, grande attore su tutti i mercati del mondo. A 66 anni, dopo aver consolidato sotto il suo pugno creativi, pr e buyer in una teoria di sigle che muovono da Young & Rubicam a Jwt a Finsbury ha l'allure del grande guru della pubblicità e della comunicazione.

Quindi conferma i segnali secondo i quali in Europa oltre a uno spostamento a oriente del mercato pubblicitario c'è anche un rafforzamento del fianco settentrionale rispetto a quello meridionale?
È vero, anche se la spinta verso Est è quella più forte. La Germania grazie ad acquisizioni recenti ha ormai un peso relativo molto importante nel fatturato del gruppo. Il Regno Unito è ok e così anche Scandinavia, Polonia e Russia. È difficile il quadro francese, quello italiano e quello spagnolo. In Francia siamo a 850 milioni di fatturato, in Italia dove abbiamo duemila persone mi aspetto 400 milioni quest'anno. Significherà tornare ai livelli del 2008, ovvero al dato pre Lehman Brothers. Ma solo come revenue, con gli utili non ci siamo ancora.

Domina sempre la Tv?
Sì, in Italia. La penetrazione della banda larga nel vostro Paese non è migliorata come avremmo voluto e la stampa resta sotto pressione.

L'Italia soffre quindi, secondo lei, l'arretratezza nello sviluppo della broadband?
Mi lasci essere più gentile: non è avanzata come dovrebbe essere. Oggi il catalizzatore del cambio è l'infrastruttura della banda larga. L'abbiamo visto in Danimarca che ha fatto da pioniere e lo vediamo in Gran Bretagna con l'esplosione dell'e-commerce.

Si può immaginare un giorno in cui, anche nei giornali, la crescita dell'advertising digitale sui siti web colmerà la caduta di quello su carta?
Per i giornali generalisti, direi di no perché il mercato è molte frammentato. Lei citava il Financial Times, ma in questo caso è stampa specializzata e il discorso è molto diverso. In ogni caso devono accadere tre cose: abbonamenti, pagamento dei contenuti, consolidamento dei gruppi editoriali. Anche James Murdoch ne è convinto. A Cannes mi ha detto che BskyB (la pay tv che il gruppo anglo americano sta rilevando nella sua totalità, ndr) sarà solo l'inizio perché NewsCorp è troppo piccola per sostenere la concorrenza con Google. Se poi crediamo, e io ne sono convinto, che il giornalismo prodotto da professionisti debba essere preservato perché è molto più importante di quello fatto da blogger armati di telecamerina, ci vogliono aiuti.

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